mercoledì 30 settembre 2020

Grotta Analoga...

 

René Daumal, nel suo celebre romanzo "Il Monte Analogo: romanzo d'avventure alpine non euclidee e simbolicamente autentiche" immagina i suoi protagonisti sulle tracce di una misteriosa montagna. Una cima inesplorata e totalmente sconosciuta, ma che "deve" esistere perché sia accessibile agli uomini una via percorribile tra la terra ed il cielo. Una via che permetta di comunicare tra i due mondi. Una montagna enorme, di altezza smisurata, ben più alta delle cime dell'Himalaya le cui pendici toccano il mare e la cui vetta sfiora il cielo. Ovviamente l'immagine è quella metafisica dell'Olimpo o meglio ancora del Monte Meru e non a caso Daumal conosceva bene il sanscrito ed era un fine studioso e traduttore delle letteratura vedica.

E se sulla cima di quella montagna smisurata immaginassimo l'ingresso di una grotta? Sarebbe bello immaginare una grotta, un luogo, capace di unire a livello simbolico non solo il cielo e la terra ma anche le viscere del mondo sotterraneo. Qualcosa capace in questo suo comunicare, di unire simbolicamente la vita tout court. Una sorta di vero e proprio axis mundi, dove i tre mondi che da sempre affascinano l'uomo di ogni tempo e latitudine, convergono e si fondono. Ovviamente se andiamo oltre la speculazione metafisica dobbiamo venire a patti con il reale, abbandonare un poco di irrazionale fenomenologia e convenire che di montagne smisurate che toccano il cielo per ora su questo pianeta non ne abbiamo. Anche cosi però l'immagine di un tale luogo resta potente e pur se ridimensionata, possiamo sempre provare a cercare qualcosa di simile... 

La domanda spontanea a questo punto è: qual'è la quota più elevata a cui si aprono e si sviluppano grotte sul nostro pianeta? Dove si apre l'ingresso più 'alto'? 

Messa cosi la caccia si fa interessante e per niente banale. Considerando grotte sia carsiche o pseudo carsiche che glaciali, i luoghi non sono poi così pochi. Ghiacciai ad altissima quota e calcari che coronano le cime delle più alte montagne dell'Himalaya ci farebbero buona compagnia nella ricerca. Ovviamente il reale ha le sue regole, a volte stringenti, ed il permafrost o le equivalenti condizioni dove scarseggia l'acqua liquida non hanno mai aiutato il carsismo; ma anche in questo caso ci sono trucchi ed eccezioni. 

Anche la seconda domanda è spontanea: qual'è ad oggi lo stato dell'arte, quali sono e cosa sappiamo delle grotte più alte del pianeta? La risposta è semplice: sappiamo poco. 

Ovviamente di grotte tra i 3000 e i 4000 metri neanche parliamo, è vero che siamo già ad altezze elevate, ma a quelle quote i fenomeni sotterranei ancora abbondano alla grande. Oltre quota 4000, le cose cominciano già a diventare non facilissime. Richard Maire nel suo fondamentale Le haute montagne calcaire ci da una panoramica di alcuni massicci carsici di alta quota a livello mondiale, investigandone anche i meccanismi speleogenetici. Siamo cosi introdotti alla presenza delle grandi catene del Kurdistan turco-iraniano o delle grandi dorsali della Nuova Guinea con cime che sfiorano i 5000 metri. Purtroppo per ora luoghi entrambe avari di risposte. Quando l'autore ci presenta la grandiosa Cordigliera della Ande le cose però cominciano a cambiare. La cordigliera è veramente enorme, la più lunga catena montuosa del pianeta, con le cime che sfiorano i 7000 metri ed una composizione geologica estremamente complessa. Cercare grotte sulla cordigliera non è certo idea nuova: gli infiniti tavolati calcarei ad oltre 4000 metri invitano, quello che sconcerta è la sua vastità. Al tempo di Maire le grotte nelle altissime quote di queste montagne, erano però scarse, ed in molti credevano fermamente che non potessero esserci grandi cose. Poca anidride carbonica, molte zone sub desertiche; per la volgata ufficiale il carsismo serio non poteva esserci e men che meno gli abissi. Abbiamo dovuto attendere fino ai primi anni del nuovo millennio perché qualcuno si accorgesse dell'esistenza in Perù dell'enorme Sima Pumacocha, che da sempre incurante delle teorie geologiche, inghiottiva il suo grande torrente glaciale. La Sima non solo si apre a 4375 metri di quota, ma tanto per fare un dispetto a tutti, decide infatti di scendere fino a -638 diventando di colpo la cavità più profonda di tutto l'emisfero occidentale, ovvero delle due americhe escludendo il Messico. Buon punto di partenza per un axis mundi degno di questo nome e visto che le cose si trovano cercandole, i suoi esploratori non possono evitare di trovare attorno altri abissi ben più alti, come la Cueva di Qaqa Mach'ay che da quota 4930 scende per ben 125 metri, nonché altri ingressi posti a quote simili e forse frammenti del medesimo sistema.

Non c'è dubbio che allo stato attuale questa sia l'area carsica a quota più elevata capace di esprimere un carsismo esteso a sviluppato. E le potenzialità sono ben lontane dall'essere esaurite! Altre cime nelle Ande ci fanno infatti sognare cavità a quote oltre i 5500, ma anche in queste favolose montagne dobbiamo venire a patti con la realtà ed oltre queste altezze i luoghi adatti non sono tantissimi. 

Quindi se vogliamo osare cercare ancora più in alto dove dobbiamo dirigerci? Beh direi che è ovvio, nel cuore misterioso dell'Asia. Anche senza prendere in considerazione i deliri mistici di Ferdynand Ossendowski che un secolo fa convinse l'occidente dell'esistenza sotto il continente del misterioso regno sotterraneo di Agartha, dobbiamo ammettere che le catene dell'Asia centrale conservano una buona dose di 'mistero' almeno dal punto di vista speleologico. 

Come al solito è la vastità e difficoltà d'accesso a salvare il mistero dei luoghi, e da quelle parti di vastità e difficoltà ce ne sono parecchie. Tra Pamir, Uttarakhand, Dolpo, Karakorum e Himalaya i calcari non mancano, mentre le quote anche oltre i 6000 ci fanno mancare il respiro al pensiero. Ancora una volta la domanda è cosa sappiamo di quei luoghi? Poco, molto poco. Il fenomeno più significativo conosciuto per ora sembra essere la grotta Rangkul'skaja (Syjkyrduu)  che si apre in Pamir, (Tajikistan) e scende per -268 metri, ma si apre a soli 4600 metri di quota. Se vogliamo trovare cose più alte, bisogna andare su montagne più alte.

Intendiamoci l'idea di andare a cercare tra le cime più alte dell'Himalaya non è certo nuova. Già pochi anni dopo l'uscita nel 1951 del libro Annapurna di Maurice Herzog squadre di volenterosi s'imbarcarono nella ricerca di quegli ingressi descritti dall'autore tra le gole della Kali Gandaki o tra i calcari del Dhaulagiri. Ingressi e calcari a quote da togliere il fiato. Tanta volontà, forse poca fortuna. 

Ad oggi sappiamo di alcuni grandi portali, purtroppo chiusi, perlustrati recentemente (2018) nel remoto massiccio dello Yak Danda in Dolpo a quote anche oltre 5500. A quote simili, qualcosa sempre molto piccolo si conosce anche nella provincia pakistana del Chitral. Forse proprio la Kali Gandaki e l'Annapurna descritte da Herzog, conservano ancora qualche sorpresa. Una zona chiaramente carsica è stata infatti identificata quasi trent'anni fa in quest'area a quote tra i 5000 ed i 6000 metri. Un carsismo in parte idrologicamente attivo oggi, in parte frutto di processi antichissimi. Identificata, ma poco studiata e visto che che ognuno ha le sue preferenze e gusti, devo confessare, che faccio il tifo per questo posto che oltretutto in quanto a sacralità può vantare nientemeno che un grandioso santuario dedicato a Vishnu. Trovare un abisso o qualcosa di simile da queste parti avrebbe un suo fascino non da poco!

Se volessimo salire ancora più in alto? A quote dove aria e ragione sono qualità sempre più rarefatte ed evanescenti? Beh forse non troveremmo l'essere che ha lasciato le impronte fotografate da Eric Shipton, ma se cerchiamo bene di sicuro potremmo trovare l'ingresso della Rahkiot Cave. Quella che ad oggi considero una delle grotte più misteriose del pianeta. Sicuramente la più alta che conosciamo, visto che il suo ingresso, anzi il suo portale di circa 13 x 13 metri di ampiezza si dovrebbe aprire ad oltre 6600 metri di quota sul fianco sud-est del Rahkiot Peak, cima secondaria del Nanga Parbat. Mi permetto di dire misteriosa perché il suo nome è dagli anni '60 associato appunto al primato di grotta più alta del pianeta, ma da allora nessuno oltre a Meinzinger e Caldwell ovvero i due alpinisti che nel 1963 ne riportarono la notizia, ci è andato, l'ha mai vista o almeno ne ha scritto. 

Non sembrano esistere fotografie di questo luogo e men che meno ovviamente un rilievo. E dire che in questo caso non si tratta proprio di un buchetto, visto che nella relazione alpinistica che la cita, si parla di una lunghezza di circa 250 piedi, ovvero quasi un centinaio di metri di lunghezza per poi dire che chiude su ghiaccio e neve. Ci mancherebbe anche che due alpinisti capitati li per caso negli anni '60 che trovano questo ingresso ad una tale quota si mettessero ad esplorare per chilometri! Anzi tanto per essere precisi i due aggiungono anche che la cavità si apre in marmi "metamorphosed sediments" o qualcosa di simile. Probabilmente potrebbe trattarsi di una cavità impostata su una grande frattura tettonica, con molta probabilità non troveremo prosecuzioni... o forse no. Si parla infatti di "solution cave" a mettere in evidenza le presunte tracce di un carsismo a tutti gli effetti. Come potrebbe dell'acqua aver creato qualcosa a 6600 metri di quota? Beh semplice, basta pensare un poco meglio in modo quadridimensionale e posizionare quella grotta in un altro punto del tempo, magari all'inizio del Pliocene, quando quel blocco di sedimenti metamorfizzati era emerso dalla Tetide e non si trovava ancora ad oltre 6 chilometri di quota. Un altro tempo, un altro luogo e un altra temperatura, il tutto congelato in un archivio del tempo proiettato tra le nuvole dalla tettonica a placche. Le montagne possono giocare strani scherzi. O almeno questa è l'ipotesi per spiegare la presenza li di quella galleria di estensione sconosciuta. Comunque sia è certo che immaginare questo ingresso che si apre nei marmi persi sulla sommità del Rahkiot Peak ha un fascino potente. 

Lasciandosi trasportare in libertà da ricordi e associazioni, i luoghi possibili fioriscono e si moltiplicano: Mauri e Bonatti, narrando la conquista del Gasherbrum IV, descrivono la folle cresta finale come composta di candidi e risplendenti marmi bianchi. Se poi ci spostiamo verso est rischiamo di perderci nelle infinite aree sud orientali del Tibet al confine con la Birmania, punteggiate di calcari a quote altissime. Ma anche il grande cuore del continente, il Pamir e l'Hindu Kush, l'antico Paropamiso descritto da Fosco Maraini oppure alcune zone nord orientali dell'India tra la Nanda Devi ed il monte Api... tutti luoghi dove andare a caccia!

Costante in tutti questi luoghi, come nei precedenti, è la vastità capace di spiazzare, nascondere e far perdere il senno ad ogni progetto di ricerca. Una cosa però è certa, una Grotta Analoga, punto di congiunzione almeno metaforico tra cielo terra e mondo sotterraneo "deve" esistere. La corsa all'axis mundi è aperta.





Il libro di Maire, resta un testo fondamentale per leggere il carsismo d'alta quota




Se le acque entrano, da qualche parte devono pur uscire e questo vale anche quando entrano ad oltre 5400 metri di quota come nel caso dell'area carsica che si sviluppa in questi calcari in Nepal. Se poi il posto dove riemergono è anche sacro a Vishnu...  beh vale la pena andare a prendere un poco di freddo e cercare bene. 



Report di una recente spedizione francese in zone carsiche di altissima quota.



Immagine delle parti finali della Sima Pumacocha. Non solo la grotta è profonda, bagnata e fredda, ma vista la quota d'ingresso oltre i 4300, sussiste il serio rischio di incorrere in edema polmonare o cerebrale. Una eventualità sgradevole... considerato che per uscire non si potrebbe 'scendere'  come in montagna, ma si dovrebbe per forza 'risalire' fino all'ingresso!


Rilievo della sima Qaqa Mach'ay a circa 5000 metri. La descrizione dell'esplorazione si sofferma ampiamente sul 'disagio' dato dal freddo (Blue lips passage!) e dal mal di montagna!


Sima Pumacocha. Non solo la grotta 'importante' più alta attualmente conosciuta sul pianeta, ma anche la più profonda dell'intera america meridionale.




L'area del Nanga Parbat, dove dovrebbe aprirsi la Rakhiot Cave. Nonostante nella relazione si faccia riferimento a coordinate 'abbastanza precise' il punto è del tutto indicativo e in ogni caso identificare un ingresso anche se di grandi dimensioni, in un posto del genere è sicuramente un impresa non da poco. 





Una immagine da una recente (2018) spedizione franco-nepalese nella remota regione dello Yak Danda in Dolpo.