martedì 5 novembre 2019

In grotta alla ricerca degli Dei dalle Stelle...





Foto aerea dell'area dove si apre la Cueva de los Tayos

Da alcuni anni la Speleologia intrattiene proficue relazioni con il mondo delle missioni spaziali. Speleologi e Astronauti si trovano uniti nel nome della ricerca e della conoscenza; nonché nelle emozioni davanti all’ignoto. Una ricerca che scivola dall'infinitamente grande dei viaggi spaziali all’infinitamente piccolo dei tortuosi meandri della mente. In pochi, ricordano però che questo tipo di collaborazione ha un precedente. Un precedente tanto sui generis quanto illustre, considerato che vide Neil Armstrong coinvolto in una delle più costose spedizioni speleologiche mai realizzate. Un precedente che dovrebbe farci riflettere e ricordare, che nonostante i nostri tentativi di raggiungere una realtà razionale e oggettiva, come diceva Aristotele l’uomo nelle sue azioni, non può non essere misura di ogni cosa. Con i suoi sogni, le sue paure e le sue speranze. Ma forse è il caso di fare qualche passo indietro e procedere con ordine. 
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 “A gigantic system of tunnels, thousands of miles in length and built by unknown constructors at someunknown date, lies hidden deep below the South American continent. Hundreds of miles of underground passages have already been explored and measured in Ecuador and Pent. That is only a beginning, yet the world knows nothing about it.” 


Cosi Erich Von Daniken inizia il suo libro Gold of God: portando nel 1973 all’attenzione del mondo una misteriosa grotta persa nella foresta del sud america. Un luogo di cui da anni si parlava e fantasticava nei mille racconti di avventurieri ed esploratori dell’Amazzonia. Negli stessi mesi in cui esce in tutto il mondo il libro di Daniken, la sonda Pioneer 10 inizia il suo viaggio verso Giove. Porta con se una placca d’oro disegnato da Carl Sagan. Un messaggio di pace e fratellanza per ogni possibile forma di vita extraterrestre. Sono anni di crisi e speranza: speranza in nuovi modelli sociali, economici e ambientali. Anni di esplorazioni spaziali ma anche di infinite scoperte sulla Terra. Anni di nuovi paradigmi e rivoluzioni nel modo di vedere il mondo. In tutto questo nella cultura popolare prende piede l’idea che il remoto passato e il futuro siano legati insieme dall’idea di non essere i soli nell’universo. Accanto all’enfasi per il nascente progetto SETI, l’ufologia dilaga nella cultura di massa e con essa mille versioni alternative della storia dell’uomo sul pianeta Terra. I più vari autori vanno a caccia di prove della presenza nel passato di visitatori alieni. Per l’archeologia misteriosa, i racconti di antiche divinità diventano prove di passati contatti con civiltà extraterrestri. Questo è il clima in cui nasce nel 1976 la spedizione Anglo-Ecuadoriana diretta alla Cueva de los Tayos: nelle remote regioni orientali dell’Ecuador. La grotta secondo Stan Hall, l’ingegnere inglese che presiedeva la spedizione, era chiaramente d’origine artificiale. Creata con mezzi sconosciuti da una civiltà che aveva avuto contatti extraterrestri e cosa fondamentale conteneva un archivio di libri d’oro in cui era narrata la vera Storia dell’umanità. In appoggio a tutto questo c’erano le parole di Daniken e le testimonianze di Juan Moricz, avventuriero ed esploratore ungurese-argentino, che nel libro descrivevano la loro avventura all’interno della grotta. Un avventura dai tratti fantastici e allucinatori, qualcosa di simile ai racconti del colonnello Fawcett alla ricerca della città di Z. Un viaggio sotterraneo tra statue di animali misteriosi, manufatti di materiali sconosciuti, fino ad arrivare al cospetto della sala della biblioteca. Un enorme archivio composto da migliaia di dischi d’oro e cristallo scritti in un linguaggio alieno e contenenti la Storia dell'umanità negli ultimi 250,000 anni. A testimoniare la veridicità di quanto narrato, esistevano inoltre molti reperti misteriosamente raccolti da un missionario: Padre Carlo Crespi Croci. Nato in Italia nel 1891, padre Crespi si era dedicato all’evangelizzazione degli Indios Shuar dal 1923 e in mezzo secolo aveva raccolto un grande quantità di oggetti che si diceva provenissero anche dalla grotta. Tra questi, grandi placche e lamine d’oro contenenti ideogrammi che avrebbero testimoniato una lingua sconosciuta e precedente a tutte le altre civilizzazioni del continente. Lamine d'oro che già avevano spinto, alcuni anni prima la chiesa Mormone a tentare una spedizione archeologica alla ricerca di quelle che credevano essere le tavole originarie del loro testo più sacro: il libro di Mormon. Apparentemente solo la difficoltà di arrivare nei luoghi ed esplorarli aveva impedito finora a chiunque di entrare in possesso di questo incredibile patrimonio di conoscenza. In questo clima, non fu cosi difficile per Stan Hall coinvolgere nel progetto un gran numero di istituzioni accademiche fino a convincere lo stesso Armstrong a ricoprire il ruolo di presidente onorario della spedizione. Raccolti sponsor e scienziati, ottenuto l’appoggio della Royal Air Force, nonché ovviamente del governo e delle forze armate dell’Ecuador, non restava che trovare un gruppo di speleologi che potessero garantire l’esplorazione accurata di ogni angolo della misteriosa grotta. Cosi Whalley dello Yorkshire Rambler’s Club racconta come cominciò per gli speleologi inglesi questa incredibile storia: 

 “If there is an epicentre, or wellhead, of British caving endeavour overseas, then surely the Craven Heifer at Ingleton could lay strong claim to fulfilling such a role. Many an expedition has been conceived on the back of a cigarette packet within the overcrowded austerity of its public bar. Certainly our involvement in the Los Tayos affair, itself a Scottish/ Ecuadorian venture, stemmed from a chance meeting there between David Judson and John Frankland, the CRO doctor, one Saturday evening in 1976. John spoke of being invited on an expedition to South America.The picture emerged of a huge undertaking of soldiers and scientists being airlifted to a remote Amazon Headwater location in order to descend a deep shaft. Apart from John Frank-land and Jim Campbell of the Grampian Speleological Society, both of whom would be committed to scientific duties, the only caver was Pete Holden of the Army and so, with only seven weeks to departure, the feeling developed that a few other cavers might be useful. Dave promptly telephoned the expedition leader, Major Chris Browne, with the offer to form a caving team. This was accepted, the team comprising Judson and myself with Arthur Champion of C.P.C., Dave Checkling of L.U.S.S., and Pete Cardy and John Harvey of S.W.C.C. None of us knew much about Ecuador, least of all its whereabouts, but we did have certain pertinent skills and a hunger for adventure in far-away places so we jumped at the chance. A briefing meeting was held at Redford Barracks near Edinburgh. Our objective was Cuevas de Los Tayos, the "cave of the oil-birds." The entrance shaft had been descended on a previous occasion although there appeared to have been little lateral exploration. We were shown slides taken of other slides projected onto the floral wallpaper of a Quito hotel, so the quality left something to be desired. The cave was situated by the Rio Santiago in the Cordillera del Condor, where the first foothills of the Andes rise above the Amazon Basin. The locals are the Jivaro Indians who acquired a reputation during their head-hunting past and managed to expel both Inca and Spaniard in their turn.The scientists on the expedition were mainly zoologists and botanists, over twenty in number with an equivalent contingent of Ecuadorians. The job of getting them there was undertaken by the army who, no doubt, viewed the exercise as a valuable opportunity for jungle training. There were various other individuals: a village constable, a peer of the realm, the "Nurse-of-the-Year," a film crew, an expert in thermo-lumines-cent dating and, as President, none other than the first man to step onto the moon, Professor Neil Armstrong.” 




Neil Armstrong
Armstrong con Holden, uno degli speleo inglesi, nelle parti più profonde della grotta










































Il resto di quest’avventura non fu purtroppo all’altezza dei sogni e del mistero che in tanti avevano accarezzato. Già alla prima discesa, la squadra speleologica fu sicuramente la meno propensa a credere che le grandi gallerie squadrate fossero prodotte da lance termiche o armi nucleari come alcuni della spedizione immaginavano. Per la prima volta un astronauta esplorò una grotta insieme a degli speleologi, ma questo non bastò per incontrare le tanto cercate tracce extraterrestri. 
Molto più prosaicamente dopo settimane di esplorazione il rilievo di precisione realizzato dagli inglesi scaccio draghi e alieni dal sottosuolo. Los Tayos dalla biblioteca di Atlantide si trasformò in una grotta creata dalla natura nelle arenarie quarzitiche. Le gallerie che avrebbero dovuto attraversare le Ande si mutarono in un percorso di cinque chilometri, mentre dei libri d’oro, genealogia segreta dell’umanita, nessuna traccia. Molti anni dopo Daniken ammise di non essere mai stato nella grotta e di aver scritto il libro in accordo con Moricz, mentre molti degli oggetti di Padre Crespi si rivelarono manufatti contemporanei. Cosi come era arrivata, con grandi aerei cargo ed elicotteri, la spedizione alla ricerca degli Dei, abbandonò la foresta degli Indios Shuar. Forse gli unici a comprendere e custodire il mistero del vuoto di Los Tayos. Nello stesso momento, il Pioneer 10 abbandonava l’orbita di Saturno e si dirigeva verso Aldebaran nelle profondità del vuoto cosmico, portando con se verso l’infinito un poco di quella poesia, ingenuità e speranza che sulla Terra l’umanità cominciava ad abbandonare.



Il gruppo degli speleologi

Capt. Hernandez con Armstrong


Una delle lamine di Padre Crespi









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