mercoledì 24 agosto 2022

Speleologia Glaciale nelle Alpi Venoste (Alto Adige)


Come hanno dimostrato anche i tragici eventi della Marmolada, la parte orientale dell'arco alpino è forse quella dove gli effetti dello scioglimento dei ghiacciai e del permafrost sono più evidenti. La minore altezza dei massicci porta infatti a bacini di alimentazione piccoli ed i sottostanti ghiacciai vallivi si ritrovano rapidamente sempre meno alimentati a quote dove l'ablazione scioglie senza pietà. Una buona parte dei ghiaccia del versante italiano di questa zona, quando non scomparsa è ormai avviata versa la trasformazione in ghiacciai neri o rock glaciers. In molti casi le lingue glaciali residue subiscono inoltre processi di rapida accelerazione con la repentina formazione di collassi, calderoni glaciali, fenomeni di glof (esondazioni improvvise di bacini subglaciali) che da un anno all'altro portano alla perdita anche di centinaia di metri di ghiaccio.  Lo studio e l'osservazione speleologica dei fenomeni crio-carsici che vi si sviluppano è ormai la 'missione' della speleologia glaciale, per provare a capire come i diversi fenomeni si intreccino. Proprio in questa prospettiva da molti anni, alcuni dei grandi ghiacciai alpini nel massiccio del Rosa o dello Stelvio, solo per fare due esempio, sono oggetto di approfondite campagne di documentazione e ricerca da parte di molte associazioni. Al contrario, da un preliminare studio bibliografico è risultato (forse proprio per la loro limitata estensione) come i ghiacciai presenti sul versante italiano delle Alpi Venoste (Alto Adige), non fossero stati finora oggetto di ricerche speleologiche. 
L'attuale abbondanza di immagini satellitari capaci di coprire l'arco degli ultimi 20 anni, permette facilmente di tracciare in molti casi una evoluzione diacronica delle lingue glaciali. Le immagini ad alta risoluzione ci permettono infatti in molti casi di osservare nel tempo proprio l'evoluzione di quei fenomeni crio-carsici quali mulini, grotte di contatto e morfologie di collasso. Proprio partendo dall'analisi di una sequenza di immagini satellitari di alcune "Vedrette" nella alta Val Venosta, abbiamo deciso la scorsa settimana di andare a dare un occhiata sul campo. 
I risultati sono stati decisamente superiori alle aspettative, confermando che nonostante la limitata estensione questi ghiacciai si presentano molto interessanti da documentare e seguire nei loro processi evolutivi e presentano attualmente grotte glaciali di dimensioni e sviluppo significativo a livello nazionale. 
Molte le grotte parzialmente esplorate e tanti gli ingressi individuati e ancora da esplorare. Due i grandi trafori idrogeologici di contatto, uno di circa 150 di sviluppo, una grande condotta endoglaciale di circa 50 metri e cosa del tutto inaspettata un sistema di contatto a sviluppo dendritico attualmente con diversi ingressi che attraversa una parte del ghiacciaio. Il sistema "La Tana degli Uomini-Cavi", si sviluppa per oltre 500 metri di gallerie di contatto e presenta ancora molti punti interrogativi. Ovviamente con queste premesse a questa rapidissima survey, seguirà a breve una puntata esplorativa seria, per portare avanti le esplorazioni e documentare con rilievi e fotografie tutto il contesto.