Ancora
una volta lo spunto per una nuova spedizione s'intreccia con il
tentativo di ripercorrere le tracce di antichi naturalisti ed
esploratori. Cosi dopo aver seguito Alfred Wallace nei carsi del
lontano arcipelago di Waigeo in Papua, questa volta il gruppo
Acheloos Geo Exploring, prova a seguire le orme lasciate da
Charles Darwin nei suoi viaggi in Sud America. Se tutti conoscono la
storia del lungo viaggio di cinque anni intorno al mondo sulla nave
Beagle, non tutti sanno che oltre alle osservazioni legate al mondo
botanico e animale, Darwin realizzò una enorme mole di osservazioni
geologiche. Nel 1835, durante una sosta vicino alla città di
Valparaiso, lungo le coste cilene, decise infatti di traversare a
piedi le Ande fino alla città argentina di Mendoza: lungo gli
antichi percorsi tracciati dall'impero Incaico. Da vero pioniere,
disegnò per primo sezioni e profili geologici delle enormi catene
montuose, cercando di tracciare anche una sequenza temporale degli
eventi che potessero averle originate. Una visione a tutto tondo dei
luoghi percorsi, capace di fissare quasi due secoli fa dettagli e
informazioni valide ancora oggi. Seguendo le sue tracce, troviamo
cosi la descrizione di una vasta area carsica composta da rocce
evaporitiche, principalmente grandi domi diapirici di gesso, anidride
e forse anche nuclei di halite che attende totalmente inesplorata dal
punto di vista speleologico e morfologico:
"...at
7000 feet above the level of the sea, we first reach the gypseous
formation. It thickness is very great. It consists in most parts of
snowwhite, hard, compact gypsum, which breaks with a saccharine
fracture, having translucent edges; under the blowpipe gives out much
vapour; it frequently includes nests and exceedingly thin layers of
crystallize, blackish carbonate of lime. Large irregulary shaped
concretions (externally still exhibition lines of aqueous deposition)
of blackish grey, but sometimes white, coarsely and brilliantly
crystallized hard anhydride, abound within the common gypsum.
Hillocks, formed of the hardest and purest varieties of the white
gypsum, stand up above the surrounding parts, and have their surfaces
cracked and marked, just like newly baked bread. (...) I saw only one
fragment of selenite or transparent gypsum; and that perhaps may have
come from some subsequently formed vein."
Nasce
cosi all'inizio del 2018 l'idea di mettere in cantiere, come gruppo
Acheloos, un progetto speleologica nelle Ande Cilene che
proprio in onore del grande naturalista abbiamo voluto chiamare i “I
gessi di Darwin”.
Il
Cile è un paese poco noto dal punto di vista speleologico, e fino a
meno di trentanni fa praticamente completamente ignorato. Nonostante
l'incredibile quantità di montagne e di ambienti, sembrava infatti
ai più, del tutto ostile al carsismo. Uniche eccezioni la famosa
Cueva dello Smilodonte, sito paletnologico a livello mondale, resa
famosa dal libro di Chatwin, e alcune grotte laviche sulla remota
isola di Pasqua. In quel caso ad attirare i primi speleologi
francesi, furono i racconti delle avventure di Thor Heyerdahl, il
grande esploratore norvegese, che già aveva stupito il mondo con le
gesta del Kontiki, e che sull'isola di Pasqua aveva deciso di
continuare a stupire scavando per primo i misteriosi Moai e
documentando proprio le altrettanto misteriose grotte sacre nascoste
sull'isola. Queste sembravano essere le uniche grotte esistenti in
tutta la nazione: questo almeno finché il documento giusto non
capitò nelle mani giuste. Cosi dalla lettura di un vecchio articolo
di un geologo italiano, Giovanni Cecioni, nacque la straordinaria
avventura della speleologia francese sull'Isola Madre de Dios.
Avventura che ha regalato al Cile e al mondo le meravigliose
morfologie scolpite nei marmi della Patagonia. Il Cecioni la sapeva
lunga, talmente lunga da stimolare con le sue note anche la scoperta
e l'esplorazione delle grotte nei diapiri salini del Salar di
Atacama. Esplorazioni che questa volta hanno fortunatamente visto
coinvolti anche molti gruppi speleologici italiani. Il Cile, da paese
senza grotte si è cosi trasformato negli ultimi anni, in un luogo
caratterizzato dalla presenza di un carsismo dai caratteri estremi e
peculiari. Attenzione, non parliamo infatti di profondità o
lunghezze da record, bensì al contrario di morfologie e contesti del
tutto unici. In questo campionario di stranezze si inserisce il
nostro progetto. Se Darwin vide i grandi domi di gessi bianchi come
la neve, anche il Cecioni non è stato da meno e infatti, anche
questa zona della cordigliera centrale è stata oggetto di una sua
piccola nota. Una nota in cui il nostra autore, descrive anche la
presenza di un potenziale grande ghiacciaio
di sale,
quello che oggi definiamo un Namakier
alla testata del Rio Negro, uno dei rami sorgentizi del Rio Maipo.
un nucleo diapirico di halite, ovviamente protetto dal suo caprock.
La zona non è proprio l'ambiente desertico dove normalmente
sopravvivono i diapiri salini, (caratterizzati da una velocità di
dissoluzione talmente alta rispetto a qualsiasi altra roccia
carsificabile, da scomparire in brevissimo tempo se esposti
all'erosione) eppure forse possiamo dare fiducia al nostro autore
che non era certo nuovo alle osservazioni su questo tipo di carsismo.
Inoltre sempre per nostra fortuna, si dimostra interessato anche alla
presenza di fenomeni ipogei, riportando di seconda mano una nota
presente in una tesi di laurea legata alla zona, Nella sua tesi del
1966, Borde indica infatti di aver risalito per oltre 300 metri una
grande galleria. Lo studio delle carte e delle immagini satellitari
della zona, ci mostra oggi inequivocabile la presenza di decine di
domi, piccoli e grandi che si annidano lungo linee strutturali e di
discontinuità, risaltando in tutto il loro biancore con incredibili
morfologie ipercarsiche e glaciocarsiche. Megalapiez che creano
grandi strutture a spina di pesce, penitenti e torrioni si alternano
a campi di doline da soliflussione su morene di detriti
nivo-glaciali. Per non parlare delle folli aree di carso con doline a
honeycomb. Geologicamente il grosso di questi affioramenti è
composto da gessi giurassici, conosciuti localmente con il nome di
'Yeso
principal'
e le morfologie infatti ricordano quelle presenti in alcune aree di
gessi triassici in Albania o dei gessi delle montagne di Baisun Tau
in Uzbekistan. Compresi in una zona lunga circa 300 chilometri a
cavallo dei 70° di longitudine, lungo la frontiera tra l'Argentina
ed il Cile, questi diapiri coprono complessivamente diverse centinaia
di chilometri quadrati e si trovano sparsi su quote comprese dai 2600
agli oltre 4200 metri. Quote che ne fanno una delle aree carsiche
gessose più alte al mondo. Mentre sul versante argentino alcuni di
questi affioramenti sono stati oggetto di ricerca da parte della
speleologia locale, sul versante cileno non sono mai state realizzate
documentazione o esplorazioni. Come ho detto, andare a fare ricerca
da quelle parti, prima che puntare a fenomeni ipogei di grande
profondità o sviluppo, vuol dire focalizzarsi sulla documentazione
di morfologie epigee carsiche e psedocarsiche molto peculiari. Detta
in altri termini il posto vale più delle grotte che eventualmente
può o non può contenere. Questo però non vuol dire che in alcuni
affioramenti, in particolare in una concentrazione degli stessi posta
lungo uno dei rami sorgentizi del fiume Maipo, non ci possano essere
significativi fenomeni ipogei. Con circa 60 chilometri quadrati di
superfici carsificate sparse su circa 20 differenti domi, questa zona
presenta infatti numerose tracce della presenza di sistemi ipogei:
inghiottitoi, risorgenze e grandi trafori sono immagini chiare di un
carsismo ben strutturato. Il tutto circondato da un campionario
pressoché completo di morfologie epigee ipercarsiche capace di
trasformare alcune zone in paesaggi fiabeschi e surreali degni delle
leggende sulla mitica Ciudad
dei Cesari.
Un luogo incantato simile all'Eldorato, che la mitologia cilena da
secoli pone tra gli inaccessibili contrafforti della Cordigliera. A
rendere questa zona ancora più interessante si pongono infine le
importanti testimonianze archeologiche legate all'antico popolamento
degli indio Mapuche scoperte negli ultimi anni proprio in questa
zona, nonché il ruolo dell'alta valle del Maipo come via di
transito, commercio e popolamento tra i due versanti delle Ande.
Tracce archeologiche che proprio da una ricerca sistematica di
potenziali fenomeni ipogei, potrebbe guadagnare ulteriori e
importanti siti e record da studiare. Immaginare di esplorare questa
zona, per quanto relativamente circoscritta, non appare però per
niente banale. Raggiungere e perlustrare ognuno di questi
affioramenti è infatti un avventura in se. Un avventura che ci
chiederà anche di giocare ai piccoli andinisti considerato che le
quote non sono mai banali e il clima e le condizioni ambientali sono
quelle 'aspre' delle grandi montagne. Un paesaggio e un luogo in ogni
caso spettacolare, che merita di essere documentato ed entrare tra i
potenziali patrimoni geologici della nazione cilena. Un patrimonio
che vogliamo iniziare ad esplorare e documentare con una prima
spedizione appena il Cile supererà il triste periodo che sta vivendo
in questi mesi e le condizioni sociali permetteranno nuovamente di
dedicarsi con serenità alla ricerca.
Progetto a cura del Gruppo Acheloos Geo Exploring. Compilazione Andrea Benassi Phd
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Carte
geologiche del Cile 1:250000, Portillo, San Jose de Maipo, Volcan
Maipo
Sito
della Federazione Speleologica Argentina
Le sezioni geologiche della cordigliera prodotte da Charles Darwin nel 1835. Si notano i grandi domi diapirici di gesso. |
Quadro schematico della cordigliera centrale con l'area del vulcano quaternario Maipo |
Dettaglio dell'area dell'alto Maipo con circa 60 chilometri quadrati di affioramenti evaporitici. Molti di questi domi presentano chiare tracce di fenomeni carsici ipogei strutturati. |
Alcune delle morfologie ipercarsiche prodotte da un mix di soliflussione, criocarsismo ed erosione tradizionale |
Tipiche morfologie ipercarsiche capaci di generare un campo di doline alveolari o honeycomb |
Grande domo evaporitico caratterizzato da morfologie a lisca di pesce o megakarren, controllati dalla fusione nivale e dai processi di condensazione giorno-notte. |