giovedì 3 novembre 2022

Hintereis Ferner

 
















Muovendoci verso est di ghiacciaio in ghiacciaio siamo arrivati sull'Hintereis Ferner, il gigante che dal versante orientale della Palla Bianca scorre in Austria. Un corpo glaciale osservato e studiato dalla metà dell'800. Anche qui il fenomeno glaciocarsico si mostra diffuso e di grandi dimensioni. Oltre alla maestosa bocca glaciale, abbiamo iniziato l'esplorazione di due grandi grotte di contatto, di cui una misura attualmente oltre 350 metri di sviluppo e prosegue con grandi gallerie verso il centro del ghiacciaio. 


mercoledì 19 ottobre 2022

Esplorazioni sul Ghiacciaio di Vallelunga: il punto

 Sembrava semplice, ma alla fine sono servite quattro uscite tra fine agosto e metà ottobre e l'aiuto di tantissimi amici, per poter dare una forma ai fenomeni glaciocarsici presenti a Vallelunga. Dieci giorni passati a girare tra rock glacier a caccia di ingressi e mulini cercando di capire i percorsi delle acque e soprattutto cercando di immaginare la relazione tra la presenza di grotte ed il repentino ritiro del ghiacciaio. Abbiamo scoperto con un misto di sorpresa e perplessità che non tutte le acque glaciali sono purissime e leggerissime. Abbiamo percorso con stupore molte centinaia di metri di gallerie caratterizzate da forme e colori onirici. Pensando con malinconia che a breve quei luoghi scompariranno come i sogni al mattino. Le esplorazioni speleoglaciali sono quanto di più impermanente si possa immaginare e la mappa può fissare nel tempo solo il ricordo delle nostre scorribande e aiutarci a capire qualcosa di come vive e muore un ghiacciaio. Abbiamo tracciato e disegnato quasi due chilometri di vuoti, che come i cammini degli Uomini cavi di Daumal, vivono e si muovano come bolle sotto un cielo di ghiaccio. Ci siamo dati qualche risposta, ma fortunatamente abbiamo trovato anche tantissime domande con cui continueremo a meravigliarci.


martedì 11 ottobre 2022

lunedì 26 settembre 2022

Sistema glaciale di Vallelunga

 


Tavola d'insieme dei fenomeni glacio-carsici attualmente identificati sul ghiacciaio di Vallelunga

Circa un mese dopo la prima survey di fine agosto, siamo tornati sulla Vedretta di Vallelunga per capire qualcosa di più sul reticolo di grotte glaciali attualmente presenti nella parte bassa del ghiacciaio. Piazzata la tenda al solito posto ci siamo quindi avviati verso il grande anfiteatro. Dopo una notte un poco fresca, il torrente finalmente ghiacciato ed il limo trasformato almeno per qualche mese in permafrost, ci hanno accolto in un silenzio irreale. Con un poco di fortuna e tanto freddo il grande arco, il glacier-gate potrebbe anche sopravvivere all'autunno e raggiungere l'anno nuovo. Certo ogni volta che ci passi sotto non puoi non notare quanto sia sottile e come si regga sul filo dell'equilibrio. Fermarsi a contemplare il soffitto comincia ad essere poco furbo. Anche un solo mese ha prodotto ulteriori cambiamenti e si vedono: l'ingresso delle gallerie ha perso quasi un metro. Il primo obiettivo è dare una forma a questo reticolo e cosi senza accorgerci passiamo quasi quattro ore a rilevare gallerie e grandi loop. Tra i punti interrogativi lasciati in sospeso la scorsa volta uno ci porta in una grande galleria che ci regala un terzo ingresso alquanto instabile. Sono quasi le undici quando usciamo sul tra le pietraie che ricoprono il ghiacciaio sul versante nord  La temperatura è salita e parte dell'acqua scorre dalla parete tra grandi colate di ghiaccio. Chiudiamo il rilievo di questa parte del sistema, rientrando dal secondo ingresso e quindi rapidamente ci dirigiamo verso il grande traforo creato dalla cascata che scende dal Gepaschferner. Da quando una quindicina di anni fa questo ghiacciaio si è separato dal corpo principale, il torrente che cade dalle pareti ha costantemente minato il corpo di ghiaccio creando questa enorme grotta di contatto. I volumi d'acqua che la percorrono fino ad autunno inoltrato sono enormi ed il grande collasso creatosi nel ghiacciaio tra il 2016-2019 è chiaramente da mettere in relazione con questa grotta. L'ingresso mostra evidente i segni del continuo arretramento ed è altamente probabile che nel giro di 2-3 anni questo traforo si trasformi in un taglio capace di separare quanto resta verso valle del ghiacciaio. La domanda non è se accadrà ma solo quando. Per oggi ancora possiamo camminare sotto un cielo di ghiaccio. L'altra volta a metà della galleria, avevo intuito da lontano l'esistenza di una confluenza proveniente dalla parte a monte del ghiacciaio, ma la troppa acqua e le temperature estive sconsigliavano l'esplorazione. Buona parte del flusso d'acqua è ancora ghiacciato e ora la confluenza si vede e si raggiunge bene. Dopo un passaggio basso la galleria continua e anche di grandi dimensioni. Si tratta chiaramente del drenaggio subglaciale che proviene da quanto resta del ghiacciaio e che sta portando qui le acque di ablazione inghiottite dai sovrastanti mulini. Tutto molto interessante e quindi non resta che andare ad esplorare e vedere fino a dove si riesce ad arrivare. Le forme della galleria sono ben diverse da quelle del traforo: bassa e larga tradisce il peso del ghiaccio sovrastante e a differenza del traforo probabilmente durante l'inverno, al diminuire del flusso idrico, tenderà ad abbassarsi e forse a chiudersi. Per ora l'acqua scorre ancora e spesso bisogna anche bagnarsi per passare, ma continua. Alterna passaggi più bassi a tratti grandi e alti parecchi metri. Andiamo avanti cosi per circa un centinaio di metri risalendo verso monte paralleli alla lingua glaciale. La sua posizione deve essere rimasta molto stabile negli anni: infatti più che essere scavata nel ghiaccio appare scavata nel detrito di fondo e a volte solo un soffitto di ghiaccio ci sovrasta. Non è chiaro se siano più inquietanti i passaggi bassi: vere e proprie strettoie percorse dall'acqua, dove la volta di ghiaccio si è abbassata o è in parte collassata o i grandi ambienti con i loro soffitti carichi di blocchi di pietra incollati e blocchi di ghiaccio a terra. Alla terza strettoia decidiamo che non sia il caso di proseguire. Oltre si vede bene che la galleria torna grande, ma se uno di questi passaggi si abbassasse ancora, uscire potrebbe diventare un problema serio. Rileviamo tutto e torniamo nel tunnel principale da cui usciamo per tornare nuovamente nel grande anfiteatro. Queste due strutture erano praticamente parte di un unico sistema idrologico forse fino all'estate del 2021. A quel tempo infatti l'anfiteatro era ancora in via di collasso e rappresentava a tutti gli effetti una sorta di daylight che univa i due monconi. Quando pensiamo di aver finito il rilievo, ci accorgiamo di un altro imbocco che occhieggia a poche decine di metri da noi. L'altra volta stranamente non l'avevo notato, mentre oggi si vede bene una bella galleria. Anche lei drena un piccolo torrente proveniente dalla parete. Procediamo per una settantina di metri poi ci troviamo in una zona di grossi collassi. Il soffitto si sta sfaldando con i classici strati di ghiaccio a cipolla che tanta poca fiducia ispirano. L'acqua passa sotto, noi preferiamo passare sopra, cosi tra enormi lame di ghiaccio arriviamo ancora una volta nei pressi del terzo ingresso che avevamo raggiunto alcune ore prima. Con un altro anello chiuso questo rilievo dovrebbe venire abbastanza preciso! Questa zona in esterno si presenta fortemente deformata da crepacci circolari e anche dentro si vede bene. Sicuramente la prossima estate collasserà. Lo sviluppo spaziale rilevato supera gli 800 metri. Dopo una meritata pausa per pranzo, ci dirigiamo verso i possibili paleo-ingressi creati dall'Gepaschferner. Dalle immagini satellitari è evidente come la cascata si sia spostata nel corso degli anni creando più punti di ingresso. Queste forme si riconoscono ancora anche nelle immagini attuali quindi non resta che capire se le gallerie esistano ancora o se siano state riassorbite dal ghiacciaio. Dopo un paio di grandi ingressi che mostrano solo tracce ormai passate, un terzo sembra continuare. Una piccola galleria scende ripida verso il centro del ghiacciaio. Lei sembra essere rimasta aperta grazie ad un torrentello che scende dalla parete. Non è grande e man mano si trasforma in un tubo basso e largo, ma prosegue. Ne scendiamo oltre cinquanta metri percorsi da una forte corrente d'aria uscente. Si comporta da ingresso basso mentre dal fondo si avverte chiaramente il rumore di un torrente importante. La posizione è buona ed è molto probabile che il torrente sia lo stesso collettore che abbiamo risalito qualche ora fa, purtroppo tra tempo e soprattutto dimensioni decidiamo che anche in questo caso non sia furbo continuare a scendere. Usciamo e proseguiamo ad esplorare l'area sovrastante dove rapidamente individuiamo diversi mulini fossili. Continuando a risalire verso monte, diamo un occhiata ad alcuni frammenti di grandi gallerie endoglaciali ormai abbandonate e parecchio instabili, finché infine arriviamo sul tratto del ghiacciaio dove sono presenti i grandi mulini ancora attivi. Ne contiamo almeno cinque, di cui due attivi. Di grandi dimensioni tra i cinque e i dieci metri e profondi almeno una ventina di metri. Ormai è quasi notte e dall'alba che siamo in giro e purtroppo la mancanza di tempo non ci permette di scenderli. Le cose da fare e capire a Vallelunga sono ancora tante, però ora cominciamo a capirci qualcosa. In totale abbiamo rilevato quasi un chilometro lasciando diverse cose per mancanza di tempo. I mulini identificati sono una decina, tutti da scendere e ovviamente c'è ancora molto da perlustrare nelle zone di rock glacier. Tutto evolve maledettamente in fretta su questa lingua glaciale ed è difficile dire cosa troveremo la prossima volta. Di sicuro anche grazie alle moltissime foto realizzate da Stefan Plangger tra il 2018 ed il 2021 agli ingressi dei trafori e dei collassi (guida alpina e gestore del vicino rifugio Pio XI) è possibile provare a ricostruire l'evoluzione di una parte di questo sistema. Quello che resta che abbiamo rilevato può essere infatti messo in stretta relazione con l'evento del collasso del grande anfiteatro e intrecciando, immagini satellitari e foto che mostrano gallerie e morfologie, possiamo provare ad immaginare come si presentasse il sistema prima e durante il collasso. 

Anche sul fronte dell'ARD, i drenaggi acidi, abbiamo iniziato a fare un poco di misure sull'area. E' venuto fuori come tutta l'area frontale della lingua glaciale presenti numerosi apporti acidi con ph compreso tra 3 e 5. Gli stessi laghi presenti sono risultati acidi. Il torrente principale proveniente dal ghiacciaio presenta invece valori variabili dipendenti chiaramente dalla portata legate alle temperature nonché alla percentuale di acqua proveniente dai mulini rispetto a quella proveniente dalla cascata. Nel torrente principale abbiamo misurato valori leggermente acidi intorno a ph 6 ma le misure dovranno essere ripetute per sicurezza. All'interno delle gallerie del sistema degli Uomini cavi al contrario la maggiore presenza di sedimento ed il minor volume di acqua sembra favorire acque più acide che uscirebbero nell'anfiteatro con ph intorno a 5.7 anche in questo caso il dato va verificato con ulteriori misure da riprendere anche all'interno delle gallerie e nei piccoli bacini presenti nella grotta. Ovviamente ancora tutto da capire e valutare se questa presenza di acque acide e quindi produzione di acido solforico, sia in grado di influire in qualche modo sullo scioglimento del ghiacciaio (variazione del punto crioscopico della soluzione presente nei laghi subglaciali o apporto energetico della reazione esotermica).

Non sappiamo quanto potrà sopravvivere questo reticolo: sicuramente il tratto a monte della cascata Gepaschferner risulta più stabile ed una volta smantellato tutto il tratto a valle, la lingua glaciale potrebbe assestarsi su una relativa stabilità. La discesa dei mulini (meteo permettendo in programma a breve) potrà forse fornirci preziose informazioni. Dal punto di vista speleologico il quello di Vallelunga ci risulta essere attualmente il sistema glaciale noto e accessibile con il maggiore sviluppo presente sull'arco alpino, anche se è vero che i due monconi del sistema (svil. tot. >800 metri stiamo finendo di disegnare il rilievo) risultano ad oggi 'collegati' solo dalla morfologia dell'anfiteatro. Le grotte glaciali di maggiore sviluppo precedentemente note risultano essere la grotta 'Effimera' (587 metri rilevata >700 esplorata) ed il sistema 'Eclipse - Zamboni' (Circa 500 metri) entrambi sul ghiacciaio del Belvedere (Monte Rosa). Entrambe sono state esplorate quasi dieci anni fa e purtroppo lo scioglimento del ghiacciaio a reso entrambe non più accessibili, mentre altre grotte di contatto di grande sviluppo tutt'ora presenti sul Gorner e sull'Aletsch si attestano intorno ai 400-500 metri di sviluppo.


Hanno partecipato a questa survey tra rilievo, esplorazioni e foto: 

Andrea Benassi, Tommaso Biondi, Roberto Pettirossi, Daniele Sighel



La grande galleria dell'Athesinus Tunnel (foto Roberto Pettirossi)







Gallerie nel sistema degli uomini cavi (Foto Roberto Pettirossi)



Misure di ph dei numerosi drenaggi acidi presenti nei rock glacier



Uno dei grandi mulini nella parte alta del ghiacciaio



Grazie ad una corposa serie di fotografie realizzate tra il 2018 ed il 2021 dalla guida alpina Stefan Plangger è possibile provare a ricostruire l'evoluzione del fenomeno carsico in particolare il relazione al collasso del grande calderone. Come si vede bene fino al 2018 il ghiacciaio si presenta apparentemente in buona salute. Il servizio glaciologico dell'Alto Adige registra nei due anni precedenti un repentino abbassamento di circa 30 metri del volume nella lingua terminale. Nello stesso periodo le foto satellitari mostrano come la separazione con il Gepash Ferner sia ormai quasi completa e come in particolare il torrente-cascata proveniente dai suoi seracchi abbia ormai un corso libero lungo la parete di circa 1000 metri. Lungo questo percorso è fuori di dubbio che l'acqua di fusione uscente dai seracchi ha tempo di riscaldarsi durante la stagione estiva per convezione grazie allo scorrimento sulla parete. Il tempo di corrivazione si può stimare in 100-150 secondi da quando questa esce con una temperatura di fusione a prima che rientri nel ghiacciaio di Vallelunga. La parete è esposta a sud lungo l'asse E-O e durante le giornate estive riceve una forte insolazione capace di scaldare notevolmente il substrato roccioso. Nei due minuti circa in cui l'acqua scorre, la stessa è quindi in grado di scaldarsi di diversi gradi prima di rientrare. Questo gradiente termico moltiplica la sua capacità di fusione della massa glaciale. Dal 2018 appare evidente la formazione di una grande ellisse di collasso. Probabilmente lo spessore del ghiaccio è ormai inferiore ai 50 metri ed il suo comportamento da plastico e ormai statico. Dopo essersi rimodellato perdendo 30 metri di spessore principalmente per fusione dall'interno, ora la massa glaciale appare incapace di continuare a modellarsi. Da un lato dall'interno le acque di fusione continuano quindi ad allargare le gallerie che ormai restano probabilmente aperte anche in inverno. Questo allargamento delle strutture unitamente alla maggiore rigidità produce il definitivo collasso nell'estate del 2019. Dalla foto sono evidenti i monconi relitto di diverse gallerie sia endo che subglaciali, segno di strutture che sono sopravvissute all'inverno proprio a causa della limitatissima copertura di ghiaccio sovrastante. Il punto di collasso coincide con la confluenza tra il flusso subglaciale dal Gepash Ferner e quello sub ed endo glaciale dal corpo principale. Questa zona di confluenza appare sicuramente come un punto debole del sistema anche in relazione ai tempi di rigelo differente dei due flussi. E possibile che questa zona abbia funzionato anche come bacino di espansione e/o pistonaggio in relazione ai picchi di piena estivi con possibili spinte in risalità capaci di creare ulteriori allargamenti e anastomosi nei condotti fino a generare qualcosa di simile ad ampie volte strutturalmente instabili come si vede nelle foto seguenti. Il doppio collasso ellittico con i due centri che ancora si vedono separati da un breve ponte di ghiaccio ed una bassa galleria, sembrano potersi legare a due distinti sistemi di confluenza che ancora oggi possiamo identificare nei resti del sistema. Se quello a monte è infatti relativo alla confluenza tra torrente principale e flusso a monte, quello a valle è posizionato esattamente nel punto di confluenza tra le gallerie del sistema degli uomini cavi ed il flusso principale. Sempre nelle foto di agosto del 2021 si vede bene come la sezione delle gallerie verso monte sia modellata ancora unicamente dalla pressione idrostatica dell'acqua, mentre la morfologia del tratto verso valle che già costituisce un arco-traforo, si presenta completamente differente a tutto tondo e modellata a scallops dal flusso d'aria. 
A questo punto per provare a modellizzare fenomeni di collasso di questo genere, appare evidente la necessità di approfondire tramite una campagna di misure i molti parametri in gioco.



















Acid Rock Drainage





Alcuni dei molti drenaggi acidi che fuoriescono dai rock glacier. In questo caso il ph è di circa 3.3. Si notano i depositi di idrossidi metallici che si sedimentano sul limo anche sotto forma di pellicole e croste. Nell'acqua sono presenti abbondanti metalli tra cui ferro, rame, alluminio, cromo e piombo.







Le pareti di ghiaccio delle grotte, si presentano in molti punti coperte di sottili pellicole di 'fanghi limosi' sia secchi che umidi, sotto forma di chiazze o a macchia di leopardo. Questi depositi in alcuni casi sembrano provenire come inclusioni dal ghiaccio, ma in altri casi appaiono fortemente legati alla circolazione d'aria e probabilmente trasportati proprio da questa. In altri casi sono veicolati da piccole fratture presenti sulla struttura di ghiaccio e provengono quindi direttamente dai depositi che ricoprono il 'ghiacciaio nero'. Tra questi depositi abbondano, rocce e detriti fortemente mineralizzati, responsabili dei drenaggi acidi in esterno. In questo caso una abbondante pellicola di 'fanghi' sembra produrre sul ghiaccio una abbondante precipitazione di ossidi e idrossidi simili a quelli ben presenti in esterno. Questo abbondante deposito potrebbe rappresentare un interessante habitat per colonie di batteri estremofili legati all'ossidazione di solfuri metallici come gli Acidothiobacillus Ferrivorans e Thioxidans. Se questi batteri fossero effettivamente presenti, sarebbero in grado di accelerare la produzione di acido solforico di molti ordini di grandezza aumentando di gran lunga gli effetti negativi dei drenaggi acidi. 



 








mercoledì 24 agosto 2022

Speleologia Glaciale nelle Alpi Venoste (Alto Adige)


Come hanno dimostrato anche i tragici eventi della Marmolada, la parte orientale dell'arco alpino è forse quella dove gli effetti dello scioglimento dei ghiacciai e del permafrost sono più evidenti. La minore altezza dei massicci porta infatti a bacini di alimentazione piccoli ed i sottostanti ghiacciai vallivi si ritrovano rapidamente sempre meno alimentati a quote dove l'ablazione scioglie senza pietà. Una buona parte dei ghiaccia del versante italiano di questa zona, quando non scomparsa è ormai avviata versa la trasformazione in ghiacciai neri o rock glaciers. In molti casi le lingue glaciali residue subiscono inoltre processi di rapida accelerazione con la repentina formazione di collassi, calderoni glaciali, fenomeni di glof (esondazioni improvvise di bacini subglaciali) che da un anno all'altro portano alla perdita anche di centinaia di metri di ghiaccio.  Lo studio e l'osservazione speleologica dei fenomeni crio-carsici che vi si sviluppano è ormai la 'missione' della speleologia glaciale, per provare a capire come i diversi fenomeni si intreccino. Proprio in questa prospettiva da molti anni, alcuni dei grandi ghiacciai alpini nel massiccio del Rosa o dello Stelvio, solo per fare due esempio, sono oggetto di approfondite campagne di documentazione e ricerca da parte di molte associazioni. Al contrario, da un preliminare studio bibliografico è risultato (forse proprio per la loro limitata estensione) come i ghiacciai presenti sul versante italiano delle Alpi Venoste (Alto Adige), non fossero stati finora oggetto di ricerche speleologiche. 
L'attuale abbondanza di immagini satellitari capaci di coprire l'arco degli ultimi 20 anni, permette facilmente di tracciare in molti casi una evoluzione diacronica delle lingue glaciali. Le immagini ad alta risoluzione ci permettono infatti in molti casi di osservare nel tempo proprio l'evoluzione di quei fenomeni crio-carsici quali mulini, grotte di contatto e morfologie di collasso. Proprio partendo dall'analisi di una sequenza di immagini satellitari di alcune "Vedrette" nella alta Val Venosta, abbiamo deciso la scorsa settimana di andare a dare un occhiata sul campo. 
I risultati sono stati decisamente superiori alle aspettative, confermando che nonostante la limitata estensione questi ghiacciai si presentano molto interessanti da documentare e seguire nei loro processi evolutivi e presentano attualmente grotte glaciali di dimensioni e sviluppo significativo a livello nazionale. 
Molte le grotte parzialmente esplorate e tanti gli ingressi individuati e ancora da esplorare. Due i grandi trafori idrogeologici di contatto, uno di circa 150 di sviluppo, una grande condotta endoglaciale di circa 50 metri e cosa del tutto inaspettata un sistema di contatto a sviluppo dendritico attualmente con diversi ingressi che attraversa una parte del ghiacciaio. Il sistema "La Tana degli Uomini-Cavi", si sviluppa per oltre 500 metri di gallerie di contatto e presenta ancora molti punti interrogativi. Ovviamente con queste premesse a questa rapidissima survey, seguirà a breve una puntata esplorativa seria, per portare avanti le esplorazioni e documentare con rilievi e fotografie tutto il contesto.