sabato 24 settembre 2016

I bimbi sperduti...

Un giovane capitano Sachse durante la campagna di esplorazioni in Nuova Guinea 1907-1915

Quando il capitano Sachse fu richiamato in Nuova Guinea nel 1907, aveva appena finito di scrivere il suo primo libro sull'isola di Seram. A Londra un giovane scrittore aveva da poco rappresentato una nuova commedia che parlava di pirati, indiani e un isola che non c'è: "Peter Pan". Nel 1907 della Nuova Guinea si sapeva solo che fosse un isola separata dalla Nuova Olanda, e già questa certezza era stata una bella conquista per gli esploratori dell'epoca! La missione affidata al capitano Sachse dall'esercito coloniale Olandese era semplice: esplorare il più possibile quell'enorme isola all'altro capo del mondo. La sua pattuglia il distaccamento degli "Enfants Perdus" come decisero di chiamarsi, passò otto anni a cartografare ed esplorare l'interno di questa terra dove animali, uomini e paesaggi competono per suscitare stupore e meraviglia come non se ne vedevano dal tempo di Colombo. Un mondo a parte; un mondo purtroppo da dividere tra le potenze europee in guerra per il dominio. E' cosi che nasce Hollandia, oggi Jayapura, presidio olandese sulla costa settentrionale a pochi chilometri dal German Corner, equivalente presidio tedesco. Due pugni di uomini sperduti su due spiagge, entrambe con il compito di esplorare per dividere in due l'isola continente lungo il 141° meridiano Est. Una riga dritta a tagliare come una lama l'ignoto. Non sappiamo se il capitano Sachse nelle sue esplorazioni abbia incontrato il grandioso traforo del fiume Aouk. Già quando si trovava a Seram nei suoi scritti traspare una certa fascinazione per questi mostruosi fiumi che scompaiono nel sottosuolo, tanto da dedicargli note e preziose fotografie. La speleologia come disciplina e gioco è stata appena inventata, d'altro canto i luoghi da esplorare non mancano al mondo. Nello stesso momento un tale di nome Macey, sta esplorando il mostruoso fiume sotterraneo dello Xe Bang Fai, nella non lontana Indocina, questa volta al servizio della Repubblica francese. Ha appena finito di scrivere un lungo articolo intitolato "Sistemi sotterranei del Khammuane" e l'ha mandato ad una nuova rivista: Spelunca. L'ignoto in quegli anni comincia all'esterno e continua nelle tenebre, è cosi che anche nella cartografia del capitano Sachse sulla Nuova Guinea fa la sua comparsa la sigla O.L. Onderaardesche Loop, corso sotterraneo. Purtroppo il fiume Aouk nella Vogelkop è fuori da questa cartografia e forse non sapremo mai se lo sguardo dei Bimbi Perduti si sia posato su di lui. E' certo che una volta richiamato a Seram nel 1915 rimase affascinato dal grande traforo del Sapalewa: nelle sue parole traspare quasi un innamoramento per qualcosa di grandioso e sublime. Cosi nel nostro pellegrinare, senza volerlo, ancora una volta incrociamo la nostra storia con la sua, sentendo quasi affinità ed emozioni in comune. Cosi nel percorrere i lontani e maestosi luoghi del fiume Aouk, nello sbucare nel suo maestoso Tiankeng al centro della foresta anche noi ci sentiamo un poco Bimbi Sperduti davanti a tanta meraviglia. 
Il Tiankeng dei Bimbi Sperduti dalla galleria del Mostro

P.s.

Pochi anni dopo, in un mondo sempre diverso e sempre uguale, la grande penisola della Vogelkop, sede del fiume Aouk, ancora inesplorata diventava teatro di una guerra non sua e ancora una volta per difendersi ha solo la meraviglia dei suoi luoghi...

"Mountains in the central part of the Vogelkop attain elevations between 2,000 and 3,000 meters, and the region is, in every way, just as steep and rough as the Owen Stanley and Bismarck Ranges of eastern New Guinea and Papua. Separating the high mountains from the southern marshland is a wide region of rugged, inhospitable limestone hills, pitted with sinkholes and abounding in caves, disappearing and reappearing streams, and indescribably rough cliffs and crags. Much of this country is so rough and difficult to penetrate that it has never been seen except from the air."


1943_Informazioni classificate degli Alleati nella guerra contro l'occupazione giapponese nel Pacifico settentrionale.

mercoledì 21 settembre 2016

Call for river: Sungai (K), is this the biggest underground river in the world? Why not?

Sappiamo poco del fiume (K) e meno ancora del suo possibile traforo. Alcune cose però sono certe. Sappiamo come arrivarci, anzi ci siamo arrivati davanti, sul bordo della gola dove la sua acqua s'incanala probabilmente per scomparire in una galleria che non abbiamo visto. Sull'altro lato, almeno a giudicare dalle immagini satellitari, l'uscita sembra esserci, come sembrano esserci diversi enormi sfondamenti. Non sappiamo nulla sulla sua potenziale percorribilità, ovvero la domanda che ci poniamo è se esistano delle gallerie a pelo libero o se la quantità mostruosa d'acqua che s'incanala nella gola riempia tutto sotto pressione come un assurdo pistone idraulico. A giudicare dagli sfondamenti e dall'assenza di segni di inondazione, propendiamo per l'ipotesi galleria, ma è tale l'assurdità del fenomeno che siamo nel regno della fanta-speleologia e tutte le ipotesi sono aperte. Si perché il fiume di cui stiamo parlando anche senza essere troppo precisi ha un bacino di assorbimento di circa 2800 chilometri quadrati, in una zona con una piovosità tra i 4000 e i 5000 mm annui che sempre a spanne ci da una portata media di oltre 180 cumecs al secondo. E siccome le medie sono sempre difficili da trovare, se questo traforo esiste avremmo a che fare con qualcosa che ogni volta che piove due gocce viaggia sui 200 metri cubi al secondo. Praticamente il fiume Tevere alla foce. Fa ancora più pensare il fatto che il fiume a monte s'incanali in una gola estremamente stretta, che ci fa immaginare qualcosa come una lama d'acqua di dieci o venti metri d'altezza che corre... ma come dicevo siamo nel regno della fanta-speleologia e qui tutto è possibile. All'uscita invece già un chilometro a valle del presunto portale il fiume riprende le sue dimensioni 'classiche' ovvero una larghezza di circa 100 metri! 
Se esistesse un tratto ipogeo percorribile il (K) river sarebbe per portata indubbiamente il fiume sotterraneo più grande del pianeta attualmente identificato, sia tra quelli esplorati che tra quelli inesplorati. Più grande del Tobio in Papua Nuova Guinea, più grande dello Xe Bang Fai in Laos, più grande della Thunder Cave sul fiume Baliem, e perfino più grande del ponte di roccia sul fiume Mubi sempre in Papua che con una portata di 'soli' 110 metri cubi finirebbe al secondo posto. Con una distanza approssimativa tra ingresso e uscita di almeno 1.3 chilometri la grotta che potrebbe esistere non sarebbe infatti un semplice arco di roccia relitto, ma qualcosa di semplicemente mostruoso. Come ho detto sappiamo poco del fiume (K), e se dovesse esistere la sua grotta, non sappiamo proprio come si possa esplorare una cosa del genere, ma sappiamo di esserci stati e sappiamo che sarà uno degli obbiettivi della prossima spedizione!

Andrea Benassi (Onderaardsche Loop Project Team)




L'uscita del grande (K) river. Quasi 200 cumecs escono ruggendo da qualcosa di simile ad una cascata, in alto in uno dei collassi strutturali, si nota chiaramente l'acqua sottostante... 

domenica 18 settembre 2016

Come sono nati i fiumi Sapalewa e Makina, progenitori di tutti i fiumi di Seram.

Una volta sull'isola di Seram c'era una grande montagna, l'intera isola era costituita da un altopiano. Al centro di questo, in un posto più o meno dove oggi si trovano le sorgenti del Makina e del Sapalewa, viveva una coppia, marito e moglie. Li ad una certa distanza dal villaggio, avevano costruito il loro Pondok, la loro capanna. L'uomo si chiamava Loemakina e la moglie Sapalewa. Un giorno si misero a catturare pidocchi nella loro capanna. Una volta catturati li raccolsero su un pezzo di corteccia, dove questi si trasformarono in grandi larve del legno. Portarono queste larve al villaggio, dove vennero da tutti mangiate con gusto. Gli abitanti del villaggio avevano più volte chiesto ai due come riuscissero a vivere. Non erano mai stati visti portare frutti dai campi; la donna non era mai stata vista battere il sagu e l'uomo non era mai andato a caccia. Per questo motivo alcuni uomini del villaggio decisero di spiare la coppia. Un giorno Makina e Sapalewa erano impegnati come al solito a raccogliere e nutrire le larve nella corteccia. Queste erano cresciute enormemente e Sapalewa suggerì al marito che erano ormai abbastanza per la cena, quando all'improvviso i due furono sorpresi dal crepitare di un ramo e videro diversi uomini scappare. Il loro segreto era stato scoperto; per la vergogna la coppia non osava tornare al villaggio e decise di fuggire: "Andiamocene lontano" disse Loemakina. "Tu andrai verso ovest e io verso est, ci ritroveremo sulla costa." Detto questo l'uomo ruppe con una pietra il nido dei pidocchi che era sulla testa della donna e all'improvviso l'acqua usci spruzzando da tutte le parti. Più passava il tempo e sempre più acqua sgorgava dalla testa della donna. Gli spruzzi si trasformarono in un flusso che sgorgava dalla testa di Sapalewa, che trascino l'uomo, e li trasportò entrambi lungo il corso dei fiumi Sapalewa e Makina come attualmente esistono. I primi fiumi che comparvero a Seram. LoeMakina percorse la sua strada verso est, mentre Sapalewa si scavava la sua attraverso il terreno. Spinsero e presero a calci tutto ciò che incontrarono lungo la loro strada, scagliarono via lontano enormi pezzi di roccia e terra che ricaddero qua e la. Così nacque la montagna selvaggia e feroce. Loemakina dopo un giorno era già sulla costa, ma dovette aspettare sua moglie per due giorni. Questa rimase infatti all'inizio per due giorni in una fossa chiamata Tikosoene Tiboe per le purificarsi e lavarsi. Poi fuggì oltre, ma andò a sbattere sul monte Hatoesori, un gigantesco frammento di roccia, così grande che non poteva più andare avanti. Arrabbiata per questo ritardo, si gonfiò sempre di più, finchè il villaggio di Boeria, che era li vicino, fu in grande pericolo, rischiando di essere trascinato e inghiottito dall'infuriare delle acque. Ogni volta che si sentiva un boato, si potevano udire le parole di Sapalewa: "Hahate sa mai! Hahatatata'', che nella sua lingua significa: "Presto datemi!" Mentre le parole rimbombano come il suono di uno scalpello nella roccia. Gli abitanti del villaggio non capirono cosa volesse e gettarono tremanti di paura un cane nella corrente infuriata, ma un attimo dopo l'animale fu scagliato indietro da un vortice. Allora provarono ad offrire tutti i tipi di cibo salato, ma anche questi ribollivano e venivano scagliati indietro. Infine spinsero una vecchia giù nell'acqua e questa tornò poco dopo con il messaggio che Sapalewa voleva un parang, uno scalpello per potersi mangiare la sua strada attraverso la roccia. Si precipitarono allora lì per raccogliere e lanciare in acqua lo scalpello e non molto tempo dopo sentirono un rumore tonante. Ecco, che l'acqua che era già ai loro piedi e aveva raggiunto i pavimenti delle case, cominciò a scemare. Una volta scomparsa sottoterra nella parete di pietra, Sapalewa continuò il suo viaggio, ma qualche tempo dopo si dovette fermare nuovamente per rompere un percorso attraverso la roccia "Batoe tajane", la roccia al centro, infine, attraverso Batoetausiwa la roccia dei Siwa. Quando tornò ad emergere in superficie, ruotò lo scalpello verso il Kampong e si precipitò a riva. Il terzo giorno del suo viaggio si uni in mare con il marito Loemakina. Passarono la notte in un luogo oggi chiamato Lewenoewela. Questo nome ha origine nel modo seguente: In questo luogo in passato c'era un padre e suo figlio, che tornavano a casa al loro Dusun, il loro villaggio "Padre," disse il figlio "Verrò domani su questa spiaggia perché oggi ci sarà il Banjir! L'inondazione!" Ma il padre che non tollerava ritardi, rispose turbato: "Che, Banjir! L'acqua è grande come la pozza di un bambino piccolo, non ci sarà inondazione!" Così l'uomo ha proceduto nell'acqua seguito dal figlio. Ma Loemakina sentendo l'insulto che gli era stato fatto, si arrabbio cosi tanto da uscire dal suo corso, sbattendo la testa contro una roccia, e trascinandoli entrambe in un vortice. Al giorno d'oggi quando si passa sul Sapalewa non si osa pronunciare il nome del Makina e viceversa. Anche se tra le fonti di questi due fiumi esiste un crinale, la maggior parte degli uomini di Ahiolo è dell'opinione che questi hanno una comune origine. La Makina e Sakalewa sono cosi considerati come l'antenato e l'antenata degli altri fiumi di Seram occidentale e in particolare, la Mala e il Tala sono i loro figli e Hoewè è chiamato la loro figlia.  (De Vries 1927)

venerdì 2 settembre 2016

Cavalcando il Serpente d'acqua







Se uno parte per attraversare mezzo mondo alla ricerca dei più grandi fiumi sotterranei, non è che se poi capita che li trovi sta tanto li a pensarci... mi bagno o non mi bagno... Certo che quando mi ritrovo davanti alla versione underground del fiume Auk, con la prospettiva di doverlo attraversare in prima per tendere la tirolese, un paio di pensieri mi passano in testa. Va bene giocare con l'acqua ma questo fa almeno cinquanta metri cubi, l'abbiamo anche misurato per difetto... non sono mica tanto sicuro che si possa fare, ha un non so che di immorale... Si di fuori l'abbiamo già traversato diverse volte è forte ma si fa, certo che questa notte ha anche piovuto... l'acqua da trasparente smeraldo è diventata un bel cioccolato turbinoso.. e poi di fuori vedi dove vai, qui invece mica tanto. Ci tocca puntare tutte le luci ed il faretto per capire la sponda e la traiettoria ad arco che dovrei percorrere a nuoto. Assicurato a valle da Pacu, l'idea è semplice, si parte da monte, almeno trenta quaranta metri e quindi con nuotata decisa si punta l'altra sponda. Ovviamente la corrente fa il suo gioco, forse potrei guadagnare un metro ogni due verso valle... forse. L'importante e non finire troppo verso le grandi rapide che mi guardano in fondo a sinistra... li corda o non corda è un buon posto per affogare, e poi quelle sarebbero l'ultima cosa che vedo prima di essere sparato nel sifone che occhieggia altri cento metri più a valle. Pacu dice che visto che è abbastanza vicino all'esterno, forse se uno viene sparato abbastanza in fretta potrebbe avere buone possibilità di essere sputato vivo all'esterno. La cosa non mi convince. Proviamo un paio di lanci con l'arpione per creare una linea guida su cui scivolare a corrente... un tiro, due, tre.... tutti arrivano al massimo a due terzi del fiume... non c'è modo di far arrivare la nostra ancora sull'altra riva. Qui o si torna indietro o si prova a nuoto come  gli antichi. Senza pensarci oltre, altrimenti cambio idea, risalgo a monte pronto per nuotare l'arco di fiume fino all'altra sponda. A parte Pacu che mi fa sicura gli altri si accorgono di tutto quando sono già in acqua... la corrente tira ma ci si nuota, più o meno, insomma capisco di riuscire a spostarmi verso la sponda. Le luci illuminano il punto di approdo teorico che devo raggiugere... intorno alla metà del fiume la corrente accelera, vedo le sponde correre rapide e con loro i miei vari punti di approdo. Spiaggia di Miami si scende, Copacabana eccola che passa, Rimini... ultima chiamata per Rimini. Tutti i posti comodi dove sbarcare sono ormai dietro di me, davanti restano un paio di scogliere in stile mar di Croazia, quindi partono i quaranta ruggenti in stile affogato di Patagonia in salsa di soia.  Oltre c'è solo Cariddi, che già mi guarda con la coda dell'occhio. Probabilmente il fiume viaggia verso i due metri al secondo... quindi tutto questo dura una trentina di secondi al massimo. Trenta secondi per una lunga diagonale planante... poi all'improvviso punto una specie di piccolo golfo tra le scogliere, una rientranza appena prima delle rapide. Ci potrei arrivare, sopra sembrano esserci alcuni metri di arrampicata per uscire... ma a quello ci si pensa dopo, se c'arrivo. Prossima ed ultima fermata Golfo di buona speranza. Mancheranno sei sette metri, la corrente sembra rallentare un capo mi protegge leggermente, perdo meno metri verso valle. Adesso devo atterrare al volo, ovvero fermarmi prendendo al volo qualcosa di spigoloso e resistente. Arrivo in abbrivio, le mani davanti libere per prendere al volo la parete, sia resa sempre grazia all'attrito, un paio di buone prese e sono fermo a bordo parete. Immerso fino al collo, trascinato più o meno orizzontale dalla corrente, ma fermo. Mi sembra d'essere allunato. Prendo fiato, arrampico i pochi metri sopra di me e lancio un urlo liberatorio. Dall'altro lato è tutto un rispondere all'urlo e agitare di luci lontane. Fiume Auk ti possiamo esplorare!





Thomas percorre la prima tirolese all'andata sembra anche un bel gioco...






















Alcune ore dopo... dopo la seconda cascata alta oltre cinquanta metri che ci si attiva accanto tra rombi e venti furiosi cominciamo a pensare che sia il caso di uscire... L'acqua nel fiume largo oltre trenta metri sale a vista d'occhio e dalla galleria lontana continuano ad arrivare rumori e boati sinistri... oltre ad un gran vento...

Paolo alle prese con la corrente al ritorno...



Attorno a noi l'acqua sale rapidamente, il fiume ha probabilmente superato i 100 metri cubi e anche la corrente  è aumentata si velocità