venerdì 16 ottobre 2015

Le finestre del cielo

Una volta li chiamavamo sotani, megadoline o amichevolmente pozzacchioni. Quelle cose enormi in cui di tanto in tanto capita d'imbattersi nei carsi tropicali. Posti dove la foresta cresce verticale, attaccata alle pareti e a volte decide di sparire solo per eccesso di profondità e mancanza di luce. Posti sul cui fondo crescono giardini incantati dove il sole fa capolino solo allo zenit. Il Giardino dell'Eden o il Giardino di Adamo solo per citarne due uno in Malesia ed uno in Vietnam. Da un po di anni questi luoghi sparsi in giro per il mondo hanno guadagnato un nuovo termine: Tiankeng. Una parola cinese che si traduce più o meno come finestre del cielo. Una nota di poesia che veramente rende lo stupore incredulo che ti coglie quando sei nel fondo di uno di questi luoghi. Se abbiamo pescato nella lingua dell'est per trovare carso e dolina, abbiamo dovuto arrivare molto più ad est per trovare alfine qualcosa capace di descriverli. E se le doline punteggiavano il carso triestino e sloveno, i Tiankeng occhieggiano numerosi e incredibili tra le montagne cinesi. Enormi saloni collassati, scavati nei millenni da altrettanto enormi fiumi sotterranei.  





Eccone uno per esempio, questa volta non in Cina ma sempre in continente, vicino a posti che conosco bene. Ovviamente simpaticamente inesplorato. Con il suo diametro di circa 200 metri non è sicuramente tra i più grandi, ma non sfigura. Profondità? Come al solito per saperlo bisogna andarci e cercare un albero ed un paio di fessure dove attaccarsi. C'è chi prova a stimare la profondità dalle aerefoto usando ora e ombre, a volte ci si prende a volte no. Di sicuro sembra profondo e sapere che si apre a circa 1500 metri aiuta parecchio, in particolare sapendo anche che un bel fiume di ottima portata scompare alla base della montagna un poco più a nord, per poi ricomparire un poco più a sud, poco in termini di una manciata di chilometri s'intende. Un fiume che scorre un chilometro più in basso, facendo sperare in una discreta profondità... Chissà che giardino cresce nel fondo di questo Tiankeng.


giovedì 15 ottobre 2015

Grotte, fiumi sotterranei e metri cubi...


"Questo fiume che qui si nascone sotto terra, deve pur uscire da qualche parte. Costruirò una zattera e vi salirò abbandonandomi alla corrente dell'acqua"

I viaggi di Simbad - Le mille e una notte 




L'uscita della grotta del fiume Iaro, conosciutoa anche come  Tobio, nelle lontane south higlands in Papua Nuova Guinea. Sebbene le dimensioni del portale non siano eccessive, circa 30x50 metri, la portata stimata si aggira sugli 80-100 metri cubi al secondo. Una portata che in teoria ne farebbe, secondo diverse fonti, il più grande fiume sotterraneo del pianeta. Se non bastasse sapere che comunque la grotta resta tuttora, nonostante diversi tentativi, inesplorata, dalle nostre ricerche escono fuori mostri ben più grandi da tentare....  Acqua bianca, corde ed un pizzico di follia... lo speleo-rafting è appena iniziato.


Il traforo dello Iaro River, conosciuto anche come Tobio. Visto nel 1974 da Neil Ryan e Howard Beck. Il fiume attraversa circa 1.5 km di montagna con una portata stimata in circa 70 metricubi al secondo. Ad oggi inesplorato, e probabilmente l'ingresso di monte non è stato neanche mai raggiunto. In alto invece un traforo completamente inesplorato percorso sempre dal fiume Iaro, ma molto più a valle poco prima della confluenza nel fiume Erave, con una portata quindi estremamente superiore. Sebbene il percorso sotterraneo sia solamente di circa 1km si deve trattare di qualcosa di mostruoso da affrontare. 

Se vogliamo sapere quale sia la grotta più profonda o più lunga in un dato luogo la cosa è abbastanza facile. Lo stato delle esplorazioni ed il loro evolversi sotto forma di poligonali e metri lineari è oggetto di graduatorie e classifiche facili da leggere e comunicare. Ma se ci volessimo domandare quale sia la grotta interessata dal maggior corso d'acqua ipogeo, ovvero quali siano i fenomeni carsici in cui sono coinvolti i più grandi fiumi sotterranei? Allora lo nostra ricerca sarebbe già un poco più complessa. Le variabili in gioco aumenterebbero e scoprireste facilmente che qui i dati e le valutazioni difficilmente concordano. Misure di portata, bacini idrogeologici, fiumi totalmente eso-carsici o endo-carsici, ovvero generati interamente da una falda carsica oppure corsi d'acqua che incontrano e creano il carsismo sul loro cammino e ancora tutte le gradazioni di mezzo creano un panorama mutevole fatto di tempi e stagioni oltreché di mutamenti che si protraggono nel deep time geologico. Eppure nonostante il carsismo sia complesso e non sempre legato principalmente ad un corso d'acqua, quando un fiume degno di questo nome decide di viaggiare nel sottosuolo, ciò che crea con la sua magnitudine energetica è veramente qualcosa di grandioso. Spesso usiamo sottoterra il termine fiume o lago in modo più allegorico che reale, oppure a volte fiumi e laghi migrano realmente diventano veri e propri fiumi della notte. A nomi famosi come il Timavo o il Bussento, si aggiungono facilmente nell'immaginario collettivo i grandi fiumi delle grotte di Minye e Nare in Papua o il Saint Paul a Palawan nelle filippine. Eppure, qui viene il bello, fiumi e grotte di questo tipo, sono più diffuse di quanto ci si possa aspettare: un panorama solo minimamente esplorato, dove andare a caccia di metri-cubi di portata potenziale, indice capace di dare una magnitudine al fenomeno. Proprio scoprendo quanto siano poco chiare e dubbie le attuali 'graduatorie', da un po di tempo con Guido stiamo andando a caccia su pubblicazioni e cartografie di bacini e fiumi, esplorati e non per dare una forma a questo imponente fenomeno. Se alla lista si aggiungono cosi facilmente i nomi del Nam Hin Boun dello Xe Bang Fai e di altri colossi sotterranei ben conosciuti, allo stesso tempo compaiono nomi poco o pochissimo noti dalla Thunder al Tobio. Ma la parte del leone la fanno i nomi ignoti, ovvero i fiumi senza nome, tra i più grandi e tutti ancora da raggiungere ed esplorare. Una miriade di punti interrogativi sparsi nelle foreste di mezzo mondo. Vere e propria macchie bianche, blank on the map, obbiettivi che aspettano tuonando nel buio. Aspettano il tempo giusto per progettare altrettante spedizioni e sicuramente alcuni di loro prossimamente vedranno le nostre luci! 




martedì 13 ottobre 2015

Nuove e vecchie grotte in Vietnam...


Il Vietnan e le sue grotte negli ultimi anni sono balzati agli onori delle cronache diventando argomento per video e articoli ben oltre i confini del mondo speleologico. L'esplorazione ad opera del gruppo di speleologi inglesi guidati da Howard Limbert della grotta Son Dong, definita la più ampia del pianeta per ambienti e volume, ha portato la remota regione di Quang Binh nel Vietnam centrale all'attenzione globale. Una presenza quella della speleologia nel paese che però ha radici ben lontane e radicate. Da quando le condizioni geopolitiche lo permisero, ovvero dal dopo '89, gruppi e bande di speleologi di mezza Europa e non solo si misero a percorrere le sterminate ed inesplorate regioni carsiche del paese. Luoghi e grotte che fino a quel momento avevano avuto ruolo e utilità solo come rifugi e basi durante la rivoluzione prima e la guerra dopo. Proprio gli Inglesi di Howard Limbert furono tra i primi nel 1990 a battere sistematicamente il paese, partendo però proprio da quella provincia che tante soddisfazioni gli avrebbe dato. In venticinque anni di spedizioni e costanza hanno infatti collezionato oltre 130 chilometri di grotte di dimensioni sempre esagerate. 




Ma non furono i soli, ed anche noi italiani fummo tra i primi a subire il fascino di quei luoghi. Già dal 1994 una spedizione nazionale esplorava nel nord del paese. Io vi approdai l'anno successivo, nel 1995. Non erano molti anni che andavo in grotta, ed era la prima spedizione tropicale a cui partecipavo. Erano tempi in cui ancora si riusciva a mettere insieme bei gruppi numerosi, e cosi in nove passammo un mese a collezionare chilometri per la spedizione Cao Bang '95.I nostri obbiettivi erano li tutti da esplorare, tra le montagne al confine con la Cina, sotto forma di fiumi che scomparivano in ogni angolo delle carte topografiche. Un vero paradiso per un giovane e novello esploratore.  Mi ricordo che già all'epoca gli inglesi avevano trovato il loro 'mostro' un grottone di oltre quattordici chilometri, in quel momento la più lunga del paese. Il nostro chiodo fisso era chiaramente di trovarne una altrettanto lunga e magari qualche metro di più. 




Le carte in regola le avevamo anche, e durante l'esplorazione del traforo di Can Yem ci sperammo seriamente. Un simpatico fiume scorreva dalla Cina verso sud scomparendo in un bell'inghiottitoio che faceva sperare in molti chilometri. Una esplorazione strana, compiuta quasi a staffetta in un reciproco scambio di informazioni tra italiani e francesi, con Marc e sua moglie che alcuni mesi prima avevano esplorato uno degli ingressi e ci passarono l'informazione. E cosi gli ultimi giorni di dicembre ci troviamo in quattro a percorrere le enormi gallerie di quello che diventerà il sistema Ban Chang - Ban Ngam. Un simpatico fiume ci tiene compagnia tra gamberi e granchi, quasi sempre si cammina, ogni tanto si nuota, l'acqua è quasi calda per noi abituati alle temperature europee, invita al bagno. Ad un certo punto, dietro l'ennesima ansa l'acqua cresce e si trasforma in un grande lago. C'è ovviamente paura del sifone, ma con un pizzico di fortuna ed una buona stagione secca, sul fondo di quel lago c'è uno spiraglio. Forse venti centimetri d'aria, il lago è grande, lo spiraglio piccolo, ma l'aria passa tu li ed è tanta. C'è una certa perplessità, ma non si può non tentare, dietro c'è del nero e sembra allargare. Mi levo il casco e cercando di tenera fuori dall'acqua la fiamma della carburo ed almeno il naso comincio a passare. Non ricordo se fosse necessario nuotare, ma ricordo che per fortuna il passaggio era corto, quasi una grande lama e appena dopo l'ambiente tornava grande. Non c'è stato bisogno di molti urli per convincere gli altri a passare e cosi vinta ogni remora nei confronti dell'acqua underground abbiamo continuato strabuzzando gli occhi e calcolando a mente i chilometri percorsi. Alla fine la luce ed eccoci che usciamo tutti sulla via principale del villaggio da cui eravamo partiti, tra bambini che giocano e donne che lavano i panni nella risorgenza al centro del paese. I chilometri c'erano purtroppo erano solo quattro ed il mostro inglese era ancora lontano. Tredici o quattordici chilometri li esplorammo in totale in quella spedizione e non furono pochi, ma uno sfizio riuscimmo comunque a togliercelo, visto nacque allora anche Mu Cai Shaft ovvero un bel -300 che divenne subito la più profonda del Vietnam. Un primato rafforzato dalla successiva spedizione italiana che l'anno successivo esplorò 'Basta Noodless' fino a -528. Una bella profondità che ha resistito per molti anni al vertice delle classifiche dell'intero Sud est asiatico. Superata solo negli ultimi anni da un -600 sempre in Vietnam. Sono passati vent'anni da quella spedizione, ormai nel Vietnam si contano oltre duecento chilometri di grotte esplorate, ma luoghi e obbiettivi a cui puntare sono ancora tanti come dimostra la recente scoperta della Son Dong. Nel mondo i posti dove andare a giocare agli esploratori sono tanti e purtroppo molti più del tempo a disposizione, però ogni tanto, forse per nostalgie delle prime volte o forse perché tutti sappiamo che altre cose enormi si nascondono tra i suoi coni e le sue foreste, mi viene la fantasia di tornare a giocare tra le doline del Viet... chissà.




mercoledì 7 ottobre 2015

Quando le spedizioni duravano sei mesi...





Bellissimo film sulle prime esplorazioni inglesi in Papua Nuova Guinea negli ormai lontani anni '70. Un documento strepitoso di quando le esplorazioni speleologiche, come le vere esplorazioni geografiche, duravano mesi e mesi. Un tempo infinito durante il quale tutto poteva accadere e tutto si doveva risolvere da soli e con le proprie forze.