venerdì 16 ottobre 2015

Le finestre del cielo

Una volta li chiamavamo sotani, megadoline o amichevolmente pozzacchioni. Quelle cose enormi in cui di tanto in tanto capita d'imbattersi nei carsi tropicali. Posti dove la foresta cresce verticale, attaccata alle pareti e a volte decide di sparire solo per eccesso di profondità e mancanza di luce. Posti sul cui fondo crescono giardini incantati dove il sole fa capolino solo allo zenit. Il Giardino dell'Eden o il Giardino di Adamo solo per citarne due uno in Malesia ed uno in Vietnam. Da un po di anni questi luoghi sparsi in giro per il mondo hanno guadagnato un nuovo termine: Tiankeng. Una parola cinese che si traduce più o meno come finestre del cielo. Una nota di poesia che veramente rende lo stupore incredulo che ti coglie quando sei nel fondo di uno di questi luoghi. Se abbiamo pescato nella lingua dell'est per trovare carso e dolina, abbiamo dovuto arrivare molto più ad est per trovare alfine qualcosa capace di descriverli. E se le doline punteggiavano il carso triestino e sloveno, i Tiankeng occhieggiano numerosi e incredibili tra le montagne cinesi. Enormi saloni collassati, scavati nei millenni da altrettanto enormi fiumi sotterranei.  





Eccone uno per esempio, questa volta non in Cina ma sempre in continente, vicino a posti che conosco bene. Ovviamente simpaticamente inesplorato. Con il suo diametro di circa 200 metri non è sicuramente tra i più grandi, ma non sfigura. Profondità? Come al solito per saperlo bisogna andarci e cercare un albero ed un paio di fessure dove attaccarsi. C'è chi prova a stimare la profondità dalle aerefoto usando ora e ombre, a volte ci si prende a volte no. Di sicuro sembra profondo e sapere che si apre a circa 1500 metri aiuta parecchio, in particolare sapendo anche che un bel fiume di ottima portata scompare alla base della montagna un poco più a nord, per poi ricomparire un poco più a sud, poco in termini di una manciata di chilometri s'intende. Un fiume che scorre un chilometro più in basso, facendo sperare in una discreta profondità... Chissà che giardino cresce nel fondo di questo Tiankeng.


giovedì 15 ottobre 2015

Grotte, fiumi sotterranei e metri cubi...


"Questo fiume che qui si nascone sotto terra, deve pur uscire da qualche parte. Costruirò una zattera e vi salirò abbandonandomi alla corrente dell'acqua"

I viaggi di Simbad - Le mille e una notte 




L'uscita della grotta del fiume Iaro, conosciutoa anche come  Tobio, nelle lontane south higlands in Papua Nuova Guinea. Sebbene le dimensioni del portale non siano eccessive, circa 30x50 metri, la portata stimata si aggira sugli 80-100 metri cubi al secondo. Una portata che in teoria ne farebbe, secondo diverse fonti, il più grande fiume sotterraneo del pianeta. Se non bastasse sapere che comunque la grotta resta tuttora, nonostante diversi tentativi, inesplorata, dalle nostre ricerche escono fuori mostri ben più grandi da tentare....  Acqua bianca, corde ed un pizzico di follia... lo speleo-rafting è appena iniziato.


Il traforo dello Iaro River, conosciuto anche come Tobio. Visto nel 1974 da Neil Ryan e Howard Beck. Il fiume attraversa circa 1.5 km di montagna con una portata stimata in circa 70 metricubi al secondo. Ad oggi inesplorato, e probabilmente l'ingresso di monte non è stato neanche mai raggiunto. In alto invece un traforo completamente inesplorato percorso sempre dal fiume Iaro, ma molto più a valle poco prima della confluenza nel fiume Erave, con una portata quindi estremamente superiore. Sebbene il percorso sotterraneo sia solamente di circa 1km si deve trattare di qualcosa di mostruoso da affrontare. 

Se vogliamo sapere quale sia la grotta più profonda o più lunga in un dato luogo la cosa è abbastanza facile. Lo stato delle esplorazioni ed il loro evolversi sotto forma di poligonali e metri lineari è oggetto di graduatorie e classifiche facili da leggere e comunicare. Ma se ci volessimo domandare quale sia la grotta interessata dal maggior corso d'acqua ipogeo, ovvero quali siano i fenomeni carsici in cui sono coinvolti i più grandi fiumi sotterranei? Allora lo nostra ricerca sarebbe già un poco più complessa. Le variabili in gioco aumenterebbero e scoprireste facilmente che qui i dati e le valutazioni difficilmente concordano. Misure di portata, bacini idrogeologici, fiumi totalmente eso-carsici o endo-carsici, ovvero generati interamente da una falda carsica oppure corsi d'acqua che incontrano e creano il carsismo sul loro cammino e ancora tutte le gradazioni di mezzo creano un panorama mutevole fatto di tempi e stagioni oltreché di mutamenti che si protraggono nel deep time geologico. Eppure nonostante il carsismo sia complesso e non sempre legato principalmente ad un corso d'acqua, quando un fiume degno di questo nome decide di viaggiare nel sottosuolo, ciò che crea con la sua magnitudine energetica è veramente qualcosa di grandioso. Spesso usiamo sottoterra il termine fiume o lago in modo più allegorico che reale, oppure a volte fiumi e laghi migrano realmente diventano veri e propri fiumi della notte. A nomi famosi come il Timavo o il Bussento, si aggiungono facilmente nell'immaginario collettivo i grandi fiumi delle grotte di Minye e Nare in Papua o il Saint Paul a Palawan nelle filippine. Eppure, qui viene il bello, fiumi e grotte di questo tipo, sono più diffuse di quanto ci si possa aspettare: un panorama solo minimamente esplorato, dove andare a caccia di metri-cubi di portata potenziale, indice capace di dare una magnitudine al fenomeno. Proprio scoprendo quanto siano poco chiare e dubbie le attuali 'graduatorie', da un po di tempo con Guido stiamo andando a caccia su pubblicazioni e cartografie di bacini e fiumi, esplorati e non per dare una forma a questo imponente fenomeno. Se alla lista si aggiungono cosi facilmente i nomi del Nam Hin Boun dello Xe Bang Fai e di altri colossi sotterranei ben conosciuti, allo stesso tempo compaiono nomi poco o pochissimo noti dalla Thunder al Tobio. Ma la parte del leone la fanno i nomi ignoti, ovvero i fiumi senza nome, tra i più grandi e tutti ancora da raggiungere ed esplorare. Una miriade di punti interrogativi sparsi nelle foreste di mezzo mondo. Vere e propria macchie bianche, blank on the map, obbiettivi che aspettano tuonando nel buio. Aspettano il tempo giusto per progettare altrettante spedizioni e sicuramente alcuni di loro prossimamente vedranno le nostre luci! 




martedì 13 ottobre 2015

Nuove e vecchie grotte in Vietnam...


Il Vietnan e le sue grotte negli ultimi anni sono balzati agli onori delle cronache diventando argomento per video e articoli ben oltre i confini del mondo speleologico. L'esplorazione ad opera del gruppo di speleologi inglesi guidati da Howard Limbert della grotta Son Dong, definita la più ampia del pianeta per ambienti e volume, ha portato la remota regione di Quang Binh nel Vietnam centrale all'attenzione globale. Una presenza quella della speleologia nel paese che però ha radici ben lontane e radicate. Da quando le condizioni geopolitiche lo permisero, ovvero dal dopo '89, gruppi e bande di speleologi di mezza Europa e non solo si misero a percorrere le sterminate ed inesplorate regioni carsiche del paese. Luoghi e grotte che fino a quel momento avevano avuto ruolo e utilità solo come rifugi e basi durante la rivoluzione prima e la guerra dopo. Proprio gli Inglesi di Howard Limbert furono tra i primi nel 1990 a battere sistematicamente il paese, partendo però proprio da quella provincia che tante soddisfazioni gli avrebbe dato. In venticinque anni di spedizioni e costanza hanno infatti collezionato oltre 130 chilometri di grotte di dimensioni sempre esagerate. 




Ma non furono i soli, ed anche noi italiani fummo tra i primi a subire il fascino di quei luoghi. Già dal 1994 una spedizione nazionale esplorava nel nord del paese. Io vi approdai l'anno successivo, nel 1995. Non erano molti anni che andavo in grotta, ed era la prima spedizione tropicale a cui partecipavo. Erano tempi in cui ancora si riusciva a mettere insieme bei gruppi numerosi, e cosi in nove passammo un mese a collezionare chilometri per la spedizione Cao Bang '95.I nostri obbiettivi erano li tutti da esplorare, tra le montagne al confine con la Cina, sotto forma di fiumi che scomparivano in ogni angolo delle carte topografiche. Un vero paradiso per un giovane e novello esploratore.  Mi ricordo che già all'epoca gli inglesi avevano trovato il loro 'mostro' un grottone di oltre quattordici chilometri, in quel momento la più lunga del paese. Il nostro chiodo fisso era chiaramente di trovarne una altrettanto lunga e magari qualche metro di più. 




Le carte in regola le avevamo anche, e durante l'esplorazione del traforo di Can Yem ci sperammo seriamente. Un simpatico fiume scorreva dalla Cina verso sud scomparendo in un bell'inghiottitoio che faceva sperare in molti chilometri. Una esplorazione strana, compiuta quasi a staffetta in un reciproco scambio di informazioni tra italiani e francesi, con Marc e sua moglie che alcuni mesi prima avevano esplorato uno degli ingressi e ci passarono l'informazione. E cosi gli ultimi giorni di dicembre ci troviamo in quattro a percorrere le enormi gallerie di quello che diventerà il sistema Ban Chang - Ban Ngam. Un simpatico fiume ci tiene compagnia tra gamberi e granchi, quasi sempre si cammina, ogni tanto si nuota, l'acqua è quasi calda per noi abituati alle temperature europee, invita al bagno. Ad un certo punto, dietro l'ennesima ansa l'acqua cresce e si trasforma in un grande lago. C'è ovviamente paura del sifone, ma con un pizzico di fortuna ed una buona stagione secca, sul fondo di quel lago c'è uno spiraglio. Forse venti centimetri d'aria, il lago è grande, lo spiraglio piccolo, ma l'aria passa tu li ed è tanta. C'è una certa perplessità, ma non si può non tentare, dietro c'è del nero e sembra allargare. Mi levo il casco e cercando di tenera fuori dall'acqua la fiamma della carburo ed almeno il naso comincio a passare. Non ricordo se fosse necessario nuotare, ma ricordo che per fortuna il passaggio era corto, quasi una grande lama e appena dopo l'ambiente tornava grande. Non c'è stato bisogno di molti urli per convincere gli altri a passare e cosi vinta ogni remora nei confronti dell'acqua underground abbiamo continuato strabuzzando gli occhi e calcolando a mente i chilometri percorsi. Alla fine la luce ed eccoci che usciamo tutti sulla via principale del villaggio da cui eravamo partiti, tra bambini che giocano e donne che lavano i panni nella risorgenza al centro del paese. I chilometri c'erano purtroppo erano solo quattro ed il mostro inglese era ancora lontano. Tredici o quattordici chilometri li esplorammo in totale in quella spedizione e non furono pochi, ma uno sfizio riuscimmo comunque a togliercelo, visto nacque allora anche Mu Cai Shaft ovvero un bel -300 che divenne subito la più profonda del Vietnam. Un primato rafforzato dalla successiva spedizione italiana che l'anno successivo esplorò 'Basta Noodless' fino a -528. Una bella profondità che ha resistito per molti anni al vertice delle classifiche dell'intero Sud est asiatico. Superata solo negli ultimi anni da un -600 sempre in Vietnam. Sono passati vent'anni da quella spedizione, ormai nel Vietnam si contano oltre duecento chilometri di grotte esplorate, ma luoghi e obbiettivi a cui puntare sono ancora tanti come dimostra la recente scoperta della Son Dong. Nel mondo i posti dove andare a giocare agli esploratori sono tanti e purtroppo molti più del tempo a disposizione, però ogni tanto, forse per nostalgie delle prime volte o forse perché tutti sappiamo che altre cose enormi si nascondono tra i suoi coni e le sue foreste, mi viene la fantasia di tornare a giocare tra le doline del Viet... chissà.




mercoledì 7 ottobre 2015

Quando le spedizioni duravano sei mesi...





Bellissimo film sulle prime esplorazioni inglesi in Papua Nuova Guinea negli ormai lontani anni '70. Un documento strepitoso di quando le esplorazioni speleologiche, come le vere esplorazioni geografiche, duravano mesi e mesi. Un tempo infinito durante il quale tutto poteva accadere e tutto si doveva risolvere da soli e con le proprie forze. 




mercoledì 23 settembre 2015

giovedì 17 settembre 2015

Fiumi della notte...




Cosi ad occhio una volta capito dove passa il nostro fiume, non sono pochi i punti sparsi sulla montagna che acquistano interesse. Tra gallerie fossili ed entrate alte, forse c'è ancora parecchio da fare da quelle parti. In particolare non ci dispiacerebbe dare una forma ad alcuni dei grandi arrivi trovati e trasformarli in lontani ingressi alti spersi tra le lame del lapiez arido. 





Quando passi da meandri di un metro a gallerie larghe oltre 50, la scala del disegno è un bel problema. Sopratutto se in barba all'esistenza di VIsualtopo, Therion e di tutti gli altri software di calcolo e restituzione grafica uno si vuole gustare il piacere di calcolare e disegnarsi a mano ciò che con il proprio corpo ha percorso ed esplorato. Senza necessariamente dover citare Martin Heidegger e la sua lode al gesto della scrittura manuale, se la grotta è uno spazio fisico e corporeo, spazio che nasce dal movimento umano e personale, anche il rilievo deve continuare a contenere tracce di tutto questo: gesti, movimento, incertezza. Cosi tra fogli e acquarelli prende corpo la nostra immagine del corso sotterraneo del Sapalewa del nostro movimento e della storia che vi abbiamo vissuto. Dalla galleria dei Pata Siwa al porto delle scimmie, dai traversi di Capo Horn al salone di Hainuwele: oggi tra goniometri e matite come ieri tra nuts e fettucce, alla ricerca della via per il Nunusaku. 




La cosa più buffa una volta stesa la pianta e triangolati punti tra interno ed esterno, è stato scoprire che il campo base, la nostra piccola tenda rossa spersa nel boschetto di bamboo si trovava esattamente sulla verticale della grande galleria che eravamo intenti ad esplorare. Rimani abbastanza perplesso quando scopri d'aver piantato i picchetti sopra una galleria alta tra gli 80 ed i 140 metri... sopratutto quando scopri che di calcare ne sarà rimasto si e no 30-50 metri tra il dormiben e la furia dell'acqua. Quando si dice scegliere il luogo per un campo. In alto a destra il pallino rosso segna la posizione della tenda, metro piu metro meno.  




sabato 12 settembre 2015

First contact...

"The natives they met continued to surprise Leahy and Dwyer, too. As they continued downstream they kept meeting people who puzzled them. There was a group of cave-dwellers possibly the refugees from some tribal fight. Whon they saw living on the opposite side of the river in caves in the cliff about two hundred feet above the water. The personal adornments of the natives were unlike anything they had seen. At Nuparaj Kiosa and Gone villages, approaching the junction of the Asaro and the Wahgi rivers, Leahy seemed surprised to observe that the natives wear a section of dried snake in the earlobe, the top joint of a humun finger round the neck, two pig's tusks sticking out of the septum of the nose, feethers out of the top of the nose, green beetles in the beard... pig grease rubbed well into the body and the hair."

Michael Leahy e Michael Dwyer, nel 1930, spinti dal miraggio dell'oro risalivano il fiume Purari fino alle inesplorate Highlands della Nuova Guinea, scoprendo non nuove miniere, ma oltre un milione di papuani. Uno delle ultime grandi sorprese di un mondo che credeva d'aver visto già tutto. Un 'primo contatto' filmato e documentato da Leahy, ed in cui traspare tutta il dramma e la paura di due mondi ignoti che s'incontrano. 

Nel loro cammino risalendo i bassopiani verso le Highland, Leahy e Dwyer si avventurarono proprio tra quelle bastionate di calcare, composte di pinnacoli, coni e lame che come infinite muraglie avevano da sempre ostacolato la penetrazione europea. Li tra gli infiniti affluenti del Purari e dell'Erave, noi cercheremo di raggiungere un nuovo miraggio. Enormi ed inesplorati fiumi che viaggiano dall'eternità in un cielo senza stelle: il nostro Eldorado.




martedì 8 settembre 2015

Call for expedition: work in progress...

A volte le fotografie aeree sembrano opere d'arte. In questo caso non si può non restare affascinati dal surrealismo di questo meraviglioso carso alpino d'alta quota (oltre 3000...) con le sue megadoline ed i suoi infiniti campi solcati che si spandono in ogni direzione. Tanto per farsi le misure, i due piccoli pozzi gemelli al centro misurano oltre cento metri l'uno di diametro.

























"Passate l'isole sudette, si rappresenta ai naviganti la nuova Ghinea a man sinistra, e l'Arcipelago di S. Lazaro a man destra. La nuova Ghinea, terra piu tosto scoperta, che conosciuta, fu ritrovata da Villalobos, mandato dalla nuova Spagna all'inchiesta della Molucche, l'anno 1543. Ha gli abitanti di colore nero, destri di corpo, e sottili d'ingegno, per quello che mostra l'esperienza d'alcuni schiavi di quel paese. Non si sanno ancora i suoi termini: anzi alcuni dubitano se sia Isola, o pur continente: perché i Castigliani, che, per quanto s'intende, l'hanno costeggiata settecento leghe, non n'hanno trovato fine: è attorniata da moltissime isole, tra le quali è la Ritonda, il Vulcano, la Madre di Dio, la Barbada, la Caimana, il Triangolo, l'isole de gli Huomini bianchi, della Malagente, della Buonapace, de i Crespi, de i Martiri."

Giovanni Botero, Delle Relationi Universali, Venetia,1595







Se si deve decidere d'imbarcarsi in una nuova avventura le dimensioni contano... Il rettangolo verde copre oltre 200 km quadrati di foresta carsificata totalmente inesplorata (circa 20 x 12) e attorno non che sia diverso. Ad attirare l'attenzione tra le varie cose qui ci pensa un bel fiume che decide di attraversare oltre sette chilometri di montagna e non solo. A completare il piatto ci pensano le megadoline in quota stile Nakanai. Piatto ricco gioco assicurato!





Sempre seguendo le orme di qualche vecchio esploratore che la sapeva lunga, questa volta ci piacerebbe calcare le tracce di Luigi Maria Albertis, grande esploratore del fiume Fly, che nel suo viaggio fece sosta a Seram, ma solo per prendere fiato e poter ripartire verso oriente...




21 marzo 1871
"Da Timor a Banda, l'isola del vulcano e della noce moscata, da Banda ad Amboina, la capitale delle Molucche. E' da Amboina che noi dovevamo prendere le mosse per la Nuova Guinea..." 
9 aprile 
"Giorno memorabile! Finalmente l'ho calpestata questa terra misteriosa: finalmente saltando a terra stamane, potei esclamare: "Alla Nuova Guinea ci siamo!"

Luigi Maria Albertis, In Nuova Guinea, cosa vidi e cosa feci, Londra, 1880



Quasi 150 anni dopo, noi confidiamo che ancora ci sia molto di misterioso e di cui stupirsi in questo vecchio mondo e con questo pensiero stiamo mettendo in piedi i presupposti per una prossima spedizione in alcune zone carsiche totalmente inesplorate della Nuova Guinea...   Fiumi, foresta e megadoline sono assicurati! 
Se qualcuno ama l'acqua bianca in versione underground...



sabato 5 settembre 2015

Storie di grotte e di spiriti...



Nei tempi antichi la valle del fiume Sapalewa formava un un grande lago. La montagna di Toi Siwa aveva tagliato il suo corso impedendo all'acqua di arrivare al mare. In cima a questa grande roccia alta 800 metri, era posta un tempo lontano l'antico paese di Taniwel. Un giorno gli abitanti sentirono un rumore provenire dalle profondità del lago. Era come un ripetuto bussare, un verso come di trapano e sega, e con sgomento videro il livello dell'acqua che aumentava rapidamente. Quando ormai il villaggio era minacciato dall'acqua, decisero di fare un offerta. Sacrificarono nel lago un pollo, poi un cane e infine un maiale per placare la rabbia degli spiriti. Ma questi animali ogni volta tornavano indietro; gli spiriti sembravano non accontentarsi di queste offerte. Volevano di più. Allora decisero di offrire e sacrificare una anziana donna e la condussero all'acqua. Ma anche la vecchia ritornò dal lago. Ma questa volta la donna raccontò che gli spiriti chiedevano uno scalpello con il quale avrebbero potuto scavare la roccia e far passare l'acqua. Gli abitanti del villaggio decisero allora di gettare un parang (machete) nelle acque del lago. Poco dopo si udirono provenire dalle profondità della montagna nove scoppi fragorosi e allora lo specchio del lago cadde nelle profondità per scomparire per sempre. Il Sapalewa aveva scavato una via d'uscita attraverso Toi Siwa. Con il passare del tempo, l'antico luogo dove sorgeva il paese è stato abbandonato e una parte dei suoi abitanti hanno deciso di vivere a Riring dove si trovano ancora oggi, mentre i restanti si spostarono verso il mare dove ancora oggi si trova Taniwel. Nel luogo dove prima si trovava il lago, adesso si apriva una grande grotta, li in una cavità tra le rocce gli abitanti trovarono un Serasa Mangkok un bracciale, e una ciotola, dono degli spiriti agli abitanti, che ancora oggi li conservano e li hanno sotto la loro protezione. 




venerdì 4 settembre 2015

Storie di cuscus...



In una casa abitavano una madre e una figlia. Il padre era morto. Un giorno la figlia andò nel bosco a tagliare sago. Completò il suo lavoro, ma vide che nella tinozza c'era midollo di sago bello e pronto. Ne prese quanto ne pote portare in una cesta a spalla. Tornata a casa raccontò alla madre quel che aveva visto. Il giorno dopo trovò la stessa cosa e il terzo giorno si nascose per vedere chi tagliava il sago. Vide allora venir giù dalla pianta un giovane che si mise a tagliare il sago. Gli chiese 'chi sei?'. Ma l'uomo rispose soltanto: "sono venuto giù per aiutarti". La ragazza ne fu felice e lo portò a casa. Qui lo sposò con il consenso della madre. Dopo un po di tempo la giovane ebbe un figlio. Questi crebbe e diventò un giovane robusto: e quando fu grande il padre gli diede arco e frecce. Egli giocava con gli altri giovani del villaggio. I ragazzi tiravano ad un banano. Otto giovani ci provarono ma lui soltanto colpì il bersaglio. Così accadde più di una volta. Gli altri si arrabbiarono e dissero: "Non possiamo competere con te perchè tuo padre è un cuscus". Il ragazzo tornò a casa e riferì quel che gli avevano detto i compagni. Il padre restò imbarazzato perché era stato scoperto il suo segreto. Disse alla moglie: "Andiamo nel bosco a cercare frutti". Come furono arrivati sotto un albero, il padre disse: "Aspettami qui sotto, io salgo sul'albero e colgo i frutti". Quando la cesta fu piena, la mandò giù con la corda. La donna la prese. Lui gridò da sopra: "Torna a casa. Io non vengo. Ero cuscus e tornerò a vivere da cuscus." La donna guardò su e vide che l'uomo era diventato un cuscus che saltava di pianta in pianta. La donna tornò adirata al villaggio, e per la strada incontrò sette ragazzi. Li uccise tutti e sette con il parang (machete ndr.) . Poi se ne andò con sua madre e con suo figlio in un altro villaggio."


A.E. Jensen, Hainuwele. Volkserzahlungen von der Molukken-insel Ceram. Frankfurt a. Main 1939




martedì 1 settembre 2015

Hatu Toi Siwa Karst area


Il quadro della situazione nell'area di west Seram. Attualmente abbiamo esplorato il traforo del Sapalewa e l'area adiacente, oltre ad una piccola parte dell'Hatu Kasieh. Sempre durante questa spedizione è stato raggiunto ed in parte esplorato il primo traforo del Fiume Hanoea, anche lui di dimensioni esagerate. Il resto per ora attende senza fretta nel folto della foresta.  






La situazione attuale dell area Sapalewa-Toisiwa Manate


Le due aree cerchiate in giallo sono mega doline o parte residue, mentre le aree cerchiate in nero
sono ingressi non raggiunti, probabili parti e monconi di gallerie fossili dell'antico Sapalewa 
Il sistema del Sapalewa attualmente conta sette ingressi tra loro collegati per quattro chilometri
 di sviluppo su un dislivello di circa 200 metri. A questo si nella zona si aggiungono per ora una 
serie di grandi gallerie fossili che si sviluppano a quote più alte e rappresentano altrettanti resti
dell'antico percorso del Sapalewa: gua Batosori, gua cepat cepat e la grotta del cobra di pietra 
con circa un chilometro di sviluppo. 





Una delle carte 1:100.000 frutto di tre anni di spedizione dal 1917 al 1919  che hanno coperto l'intera isola di Seram.
La cartografia del 1946  ricopia copia in anastatica le stesse carte senza apportare nessuna modifica, mentre anche
cartografia attuale pur rifatta in vettoriale si presenta piena di errori e carente dell'enorme patrimonio di toponomastica
e informazioni contenute in queste carte. Si deve per esempio a Rutten il geologo che compilò anche la cartografia
geologica dell'isola l'apposizione di O.L. onderaardsche loop ovvero "corso sotterraneo" nei punti dove i fiumi decidono di migrare nel sottosuolo.  Questa preziose informazioni contenute nella cartografia e riportate anche da Sachse nel suo libro su Seram del 1922, sono poi andate perse, diventando voci non ben identificabili. Middleton & Waltham nell'Undergound Atlas (1986) riportano nell'area di Seram e Halmahera la presenza di numerosi grandi fiumi sotterranei inesplorati, senza però specificare le fonti e le aree in oggetto. Per Halmahera nel 1988 fu F. Broquise con la spedizione Batukarst ad identificare la grande grotta di Sagea, già in parte rilevata ed esplorata nel per circa 4 km 1925 (Drejer 1925) portandola ad oltre 8 km, mentre Seram ed i suoi fiumi restarono dimenticati per un altro quarto di secolo!




Le gallerie fossili presso l'uscita del Sapalewa. 

In partenza da Giakarta verso casa...




 
                                         La copertina del primo libro del capitano Sachse.
                 Oggi partiamo verso casa ma le foreste di Seram vedranno ancora i nostri parang!
                                                   L'avventura è appena cominciata
















Campo Brado _ Nella foresta s'incontrano certi brutti ceffi...

lunedì 31 agosto 2015

Cento anni fa...



La storia del fiume Sapalewa e della sua grotta è antica come le sue pietre, ma è anche intrecciata con la storia degli uomini che lo hanno abitato e percorso. Le prime notizie che abbiamo riguardo al grande traforo ci vengono dal capitano F. J. P. Sachse dell'esercito coloniale olandese che dalla fine del XIX secolo attraversa Seram a capo di brigate militari e spedizioni esplorative con il compito di documentare e cartografare le inesplorate montangne dell isola. Si deve a lui e ai geologi Rutten e Deigner la minuziosa opera di creazione di una cartografia anche geologica dell intera isola. Cartografia dove vengono appuntati anche i vistosi fenomeni carsici che gli esploratori incontrano lungo le vallate dei fiumi, in particolare di west Seram. E cosi çhe la leggenda delle carte si arricchisce di quel particolare o.l. ovvero corso sotterraneo che va a descrivere il bizzarro comportamento di molti dei fiumi di west seram. E cosi che le nostre storie cento anni dopo s intrecciano, partendo proprio da quelle lontane fotografie che ritraggono per la prima volta una soglia inesplorata sospesa nel tempo. 



La squadra del capitano Sachse 1915 circa

L'ingresso di monte del Sapalewa 1915

Il fiume che entra nell'enorme portale fotografato dalla grande cengia di destra 1915




Il maestoso doppio arco d'ingresso del fiume 2015

sabato 29 agosto 2015

Sui sentieri di Ulateima...


Ulateima è la montagna madre, il luogo sacro di Wele Telu Batai, ieri confederazione dei tre fiumi, oggi provincia di west seram. Da Ulateima sgorgano i grandi fiumi e discendono gli antenati dell'umanità. Su Ulateima, luogo invisibile e nascosto, cresce il Nunusaku, l'enorme albero di Banian che abbraccia e unisce l'intera umanita, Le sue radici affondano nella terra mentre le fronde raggiungono il cielo.  Da Ulateima nasce il Sapalewa, l'Hanoea e gli altri grandi fiumi che viaggiano tra il cielo e la terra.






Il ruggito del Sapalewa

Gua Way Hanoea sospesi tra cielo e terra


venerdì 28 agosto 2015

Frame e frammenti di Sapalewa...

L'uscita del Sapalewa ad un giorno di cammino da Taniwell. Rispetto al 2012 l'acqua ben più bassa ma viaggia sempre intorno ai dieci metri cubi al secondo.
Campo rio brado, a dieci minuti dall ingresso fossile della grande galleria.

Si tasta il polso alla prima tirolese dal lato di valle, a monte urla il Kraken la cascata mangiaspeleo


Perle di grotta come uova di gallina e a volte anche di casuario

La galleria di smeraldo. Il portale è alto circa cinquanta metri.


Traversando a nuoto per installare la tirolese. A spingerti a valle ci pensa la corrente

Risalendo il Kraken verso le gallerie di gambero beach


Inizio delle gallerie di gambero beach

Sapalewa mon amour...

Siamo rientrati oggi ad Ambon da west seram.nonostante il numero dei partecipanti ridotto a tre, i risultati non si sono fatti attendere. dopo averlo attaccato e circuito da monte e da valle il Sapalewa river con il suo enorme traforo ha ceduto concedendoci quattro chilometri di enormi gallerie alte oltre cento metri dove abbiamo giocato a fare i salmoni tra tirolesi e acqua bianca. Fortunatamente questa vota il grande fiume non era in piena e invece dei precedenti e mostruosi cinquanta e passa metri cubi al secondo, ci ha fatto giocare con soli dieci dodici, che quando ti passano sopra sono sempre pesanti....  altri chilometri ce li hanno regalati le sue vecchie gallerie fossili sperse sulla montagna, mentre suo cugino way Hanoea ci ha accolto con un portale di oltre ottanta metri di altezza dopo aver risalito per centotrenta metri una gola rivelatasi una sua vecchia galleria priva di soffitto... Cosas de Indonesia, ingressi da favola tra bamboo giganti e uova di casuario. Nella regione dei grandi trafori le esplorazioni sono appena iniziate!

venerdì 31 luglio 2015

... si parte!



Lunedì cominceremo la lunga strada verso le grotte di West Seram. Il nuova capitolo di questa avventura indonesiana ci porterà a tentare i grandi trafori individuati nel 2012: Way Sapalewa, way Hanoea Way Mala, ci daranno sicuramente del filo da torcere e delle corde da strizzare... Poi sarà la volta delle cime del Cecilia Range e del Towile Boe Boe dove speriamo di poter trovare qualcosa di simile alla grotta di Hatu Saka, ovvero qualche bella verticale dalle classiche dimensioni tropicali esagerate che possa gettare le basi per ulteriori avventure: Magari nella lontana valle sospesa di way Menia... Sempre nella prospettiva di seminare e ingravidare nuove storie, proveremo a fare una puntata verso gli inesplorati carsi della vicina isola di Buru, sorta di frontiera e nuovo eldorado per decine di migliaia di cercatori d'oro indonesiani, ma anche luogo dove il Kaku Mahu ed il Kaku Ghekan svettano dai loro quasi 3000 metri calcarei sulla foresta circostante. Quindi ancora una volta rotta e barra verso l'oriente, per tornare con nuove storie da raccontare e raccontarsi! 


lunedì 27 luglio 2015

Chiodi di garofano e fiumi perduti....







Pronti a partire per Seram. Dal 3 agosto saremo in questa splendida isola nell'estremo mare orientale dell'Indonesia. A tre anni dalla nostra prima spedizione nell'inesplorato carso di west Seram torneremo sulle tracce degli enormi trafori intravisti dai geologi olandesi quasi un secolo fa... un tuffo profondo tra storia e foreste! 

domenica 26 luglio 2015