martedì 26 aprile 2022

Grotte: un mondo di biodiversità tra i più straordinari e sconosciuti del nostro pianeta













Un breve articolo divulgativo scritto per il Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola per introdurre anche al grande pubblico il meraviglioso mondo della microbiologia delle grotte e allo stesso tempo raccontare anche una recente scoperta avvenuta in alcune grotte nei gessi messiniani della Romagna. 

Geomicrobiologia nuova frontiera dell'esplorazione del mondo ipogeo
( 19 Aprile 2022 )

Le grotte e gli ecosistemi carsici sono ambienti bui, a volte angusti, quasi sempre nascosti. Partendo da questa indiscutibile realtà, molti immaginano, che si tratti quindi di luoghi con poca vita e soprattutto quasi privi di colori. Nulla di più falso. Se è vero che spesso parliamo di ambienti oligotrofici, ovvero con una ridotta quantità di sostanze nutrienti, l'inesauribile fantasia della vita, ha permesso l'instaurarsi di ecosistemi tanto ricchi quanto particolari. Quando pensiamo alla vita sotterranea, pensiamo subito ai chirotteri, mammiferi eccezionali ed importantissimi, ma in realtà la base degli ecosistemi ipogei è da ricercare in organismi ben più piccoli: i microbi, ovvero il vastissimo insieme di organismi procarioti, composti da batteri e archaea e dalla loro infinita capacità di creare colonie simbiotiche. In questa prospettiva, la Terra è realmente il pianeta dei batteri, capaci di colonizzare qualsiasi ambiente, fino a creare una deep biosphere che si estende ad una profondità di oltre cinque chilometri. Con una tale capacità adattativa, questi organismi, non potevano non colonizzare le grotte. Ovviamente non parliamo di batteri patogeni, frutto di inquinamento o contaminazioni, bensì delle sterminate tipologie di batteri ambientali, a noi in buona parte ancora quasi totalmente ignoti, che creano il microbioma specifico di ogni singolo luogo. Batteri buoni! Avendo quasi 4 miliardi anni di vita evolutiva, i batteri non si sono limitati ad abitare i luoghi, bensì hanno contribuito alla loro creazione in senso geo-biologico. In questo senso negli ultimi anni si sta affermando potentemente la geomicrobiologia come studio dei rapporti tra cicli geologici, mineralogici e componenti organiche. E' ormai assodato che nelle grotte i batteri giochini ruoli determinanti nella creazione di molti tipi di concrezioni e mineralizzazioni, nonché in alcuni casi nella creazione stessa di forme e morfologie. Per quanto singolarmente piccoli, le colonie batteriche in grotta, se osservate con la giusta attenzione, sono ben visibili praticamente ovunque. Sedimenti, roccia, corpi d'acqua, concrezioni, ne appaiono all'occhio attento, praticamente ricoperti. Veri e propri tappeti microbici, colonie simbiotiche composte da molteplici specie, che appaino spesso come piccole chiazze di colore. Dai toni del giallo all'arancio, dall'azzurro, fino al rosa o al turchese, una intera tavolozza di colori caratterizza molte parti dell'ambiente ipogeo. Le grotte sono luoghi naturalmente caratterizzati dall'assenza di luce, quindi nel caso del mondo microbico, quelli che noi chiamiamo colori non servono per essere visti. I cromofori, che conferiscono questo effetto, sono infatti, molecole, metaboliti secondari, prodotti dalla colonia per una infinità di diverse funzioni metaboliche: molecole che se sottoposte a determinate lunghezze d'onda elettromagnetiche  conferiscono alle stesse, quello che noi chiamiamo colore. In tutta questa incredibile ricchezza di vita, un ruolo importantissimo lo giocano i batteri capaci di fungere da produttori primari, ovvero di porsi alla base della catena alimentare. In ambienti ipogei caratterizzati da acque sulfuree, alcune classi di batteri autotrofi, sono capaci infatti di ottenere energia e sintetizzare composti organici partendo unicamente dalle reazioni chimiche di composti inorganici, creando a volte anche particolarissime strutture e biofilm. E' questo per esempio il caso delle colonie batteriche che creano le snottiti, sorta di piccole stalattiti organiche, vive, composte esclusivamente da batteri capaci di sfruttare l'acido solfidrico per ottenere l'energia e i composti necessari al proprio metabolismo, Queste piccole strutture viventi si trovano appese alla roccia o ai cristalli ed in particolari condizioni accelerano la produzione di acido solforico, che va creare acidissime gocce poste sulla loro estremità. Le snottiti, scoperte e documentate negli ultimi mesi anche in numerose grotte nei gessi della Romagna, sono parte di ecosistemi rari ed estremamente peculiari. Mondi quasi alieni, composti anche da organismi estremofili, capaci cioè di vivere in condizioni apparentemente estreme, che rimandano per alcuni aspetti alle origini della vita sulla terra, ma anche a come ci aspettiamo che  la stessa vita, possa presentarsi su altri pianeti.  

 

Foto e testi di:

Andrea Benassi PhD
Gruppo Speleologico Sacile, Acheloos Geo Exploring, Società Speleologica Saknussem

martedì 12 aprile 2022

Note di Microbiologia Ipogea #2: Snottiti di Villa Luz

Quando si parla di vita ed ecosistemi, anche grotte di piccole dimensioni possono riservare soprese immense. Questo è sicuramente vero per la grotta di Villa Luz, che rappresenta attualmente un caso praticamente unico a livello planetario per la peculiarità del suo incredibile ecosistema solfidrico. Un ambiente in parte tossico per gli essere umani, ma capace al contrario di sostenere una grande quantità di batteri estremofili. Tra le molte tipologie di biofilm presenti, le più appariscenti sono senza dubbio quelle note come Snottites, in italiano Snottiti o anche Mucoliti. Sorta di lunghe stalattiti organiche appese ai soffitti sopra i grandi laghi di acque sulfidriche e composte in parte da batteri autotrofi. Qui le colonie grazie all'altissimo tenore di idrogeno solforato presente in atmosfera, catalizzano la sua ossidazione in acido solforico, ottenendo in questo modo l'energia chimica necessaria al proprio metabolismo. Un mondo inquietante e bellissimo allo stesso tempo. 




Schema del contesto di formazione della Snottiti: Jones & Macalady 2016




Schema dell'ecosistema solfidrico di Frasassi: Montanari 2010



Schema generale di un ecosistema solfidrico: Jones & Northup 2021




Lo studio, la ricerca o anche la semplice documentazione degli ecosistemi ipogei sulfidrici è un campo relativamente recente e solo negli ultimi 20-30 anni si stanno progressivamente riconoscendo e 'scoprendo' i contesti di questo tipo. In questa prospettiva l'Italia presenta una grande ricchezza di questo genere di habitat, rappresentata in primis dai famosi rami sulfurei nel sistema di Frasassi ma non solo. Anno dopo anno, va  rapidamente crescendo la lista di queste grotte cosi peculiari dal punto di viste geomicrobiologico. La ricerca è solo agli inizi. 



Frammenti di un documentario sulla famosa Cueva di Villa Luz (Messico) e sulle ricerche microbiologiche sull'ecosistema sulfidrico portate avanti dal team della Dott.ssa Diana Northup. Da molti anni impegnata in sistematici ed innovativi studi di microbiologia in grotta. La Cueva di Villa Luz, divenuta famosa negli ultimi anni anche a livello divulgativo, è stata inserita anche in diverse serie di documentari naturalistici e recentemente nella serie Alien World sugli studi di esobiologia e sulla ricerca di siti e contesti geologici definiti analoghi planetari.


L. Hose, J. A. Pisarowicz, Cueva di Villa Luz... (1999)


martedì 5 aprile 2022

Note di Microbiologia Ipogea #1: AMD ed estremofili

Laghi acidi sotterranei in una miniera della Alpi Apuane: effetti evidenti dell'AMD, Acid Mine Drainage (Acid Rock Drainage quando avviene in contesti naturali). Ovvero del processo di acidificazione che avviene nelle miniere dove sono presenti depositi di solfuri metallici in questo caso pirite. La perturbazione dell'ambiente sotterraneo attraverso lo scavo delle gallerie, mette i solfuri metallici in contatto con ossigeno e acqua avviando il processo di ossidazione che porta principalmente alla produzione di acido solforico. Acido che a sua volta porta in soluzione ulteriori metalli in un processo che una volta avviato si autoalimenta come un incendio propagandosi attraverso tutto ci che resta della mineralizzazione. Le acque raggiungono ph 2-3 ma anche prossimi allo zero e in alcuni casi molto particolari anche negativi.


Yellow Boy, abbondanti depositi di idrossidi di ferro, costituiscono il fondale di questo lago acido (ph circa 3.5) Posto in una zona bassa della miniera, lo stesso riceve a volte apporti di acque esterne a ph più alto che tamponano la soluzione permettendo la precipitazione dei solfuri ossidati. 



Speleotemi composti da idrossidi di ferro tramano il fondo delle vasche e delle colate. Spesso la componente batterica composta da Acidothiobacillus Ferroxidans e Thioxidans, forniscono le base morfologico su cui gli idrossidi precipitano creando forme e strutture filamentose. 




Un piccolo lago isolato dagli apporti idrici esterni. Nonostante la presenza di rocce carbonatiche, il ph della soluzione non riesce ad essere tamponato e si presenta intorno a 2. Il colore rossastro tradisce l'estrema acidità della soluzione che oltretutto permette agli idrossidi di restare in soluzione. Sulla superfice si distinguono biofilm e filamenti di estremofili.








Mineralizzazioni secondarie sotto forma di incrostazione amorfa, probabilmente melanterite, solfato eptaidrato di ferro, prodottosi per trasformazione dei minerali di pirite. 



In molti punti delle gallerie il processo di ossidazione guidato dalle colonie batteriche, produce strutture e gocce gelatinose estremamente acide (ph 0-1). Queste colonie si presentano morfologicamente simili alle Snottiti presenti in molte grotte ipogeniche sulfuree dove una dominanza di batteri autotrofi chemiosintetici (Acidithiobacillus thioxidans) ricava energia dall'ossidazione dell'idrogeno solforato  ma in questo caso l'abbondanza di solfuri metallici privilegia probabilmente colonie chemiosintetiche di Acidothiobacillus Ferrivorans. 









 Le acque fortemente acide, se tamponate con apporto di acque fresche o per effetto del calcare abbassando il loro ph precipitano gli elementi in soluzione producendo come in questo caso abbondanti depositi di idrossidi di ferro, in gergo chiamato anche 'Yellow Boy', Una volta innescato il processo, può andare avanti per secoli dalla fine dell'attività estrattiva e rappresenta uno dei maggiori problemi relativamente agli ecosistemi delle acque dolci. Se i fanghi carichi di metalli pesanti e fortemente acidi raggiungono la falda oppure le acque libere, sono infatti in grado di azzerare praticamente ogni ecosistema... o almeno ogni ecosistema per come le conosciamo. La cosa buffa dell'AMD è infatti che si tratta di un processo fortemente guidato da una componente biotica, ovvero è esso stesso una sorta di ecosistema popolato da batteri estremofili chemiosintetici, capaci di catalizzare ed accelerare il processo di molti ordini di grandezza. Se infatti l'ossidazione è puramente chimica, una volta che i batteri, principalmente Acidothiobacillus Ferroxidans e Acidothiobacillus Ferrivorans, colonizzano il sito, il processo si autoalimenta ad una velocità migliaia di volte superiore accelerando la produzione di acido solforico e la concentrazione di metalli pesanti. L'originaria perturbazione antropica, crea così una sorta di 'nuovo ecosistema', dove tutta una serie di batteri estremofili autotrofi sfruttando l'energia chimica dei processi redox, fungono da base da produttori primari e quindi base di una peculiare catena trofica dove possono trovare spazio anche altre simbiosi e comunità eterotrofe. Un ecosistema fatto di patine opalescenti, filamenti galleggianti, gocce gelatinose acide e rosso fuoco simili a snottiti. Un ecosistema vivo e bellissimo ma allo stesso tempo, tossico e mortale: un mondo quasi alieno o forse solo l'immagine sfuocata di alcuni dei meccanismi all'origine della vita. Benvenuti nella versione batterica dell'Antropocene.

Andrea Benassi Ph.D





Concrezioni poliminerali, prodotte dalla liberazione e ossidazioni di diversi solfuri metallici dalla roccia attraverso l'erosione acida.