La grotta della Lucerna (ER RA 821) è una piccola cavità situata nel Parco della Vena del Gesso Romagnola, sul versante sud di Monte Mauro. Scoperta dal gruppo speleologico GAM nel 2000, nonostante abbia uno sviluppo di poche centinaia di metri, ha da subito presentato caratteristiche particolari che hanno contribuito a creare un alone di curiosità e mistero. La caratteristica principale è la presenza di consistenti e diffuse tracce di lavori artificiali di scavo, anche all’interno di anfratti molto nascosti. Si tratta in generale di ravvicinati solchi verticali e paralleli, incisi nella roccia gessosa con utensili appuntiti, con lo scopo apparente di allargare passaggi e ambienti, nonché della presenza di grosse tacche e vaschette probabilmente incise per alloggiare strutture lignee o con la funzione diretta di scale in alcuni tratti verticali. In pratica ad una osservazione attenta l'intera cavità risulta essere stata pesantemente trasformata dal lavoro umano. Quello che vediamo oggi, appare essere una cavità a metà strada tra l'artificiale ed il naturale. Una prima datazione di questi strani lavori di adattamento, resa possibile dal rinvenimento di alcune lucerne di terracotta, li pone tra il I° ed il V° sec. d.C. Ma sui motivi di tale lavoro, le interpretazioni sono da subito le più varie e fantasiose. Opera di captazione idraulica, rifugio, abitazione e con molto slancio di fantasia, anche luogo di culto, per analogia con la Grotta del Re Tiberio. La verità probabilmente è più semplice ed allo stesso tempo più sorprendente. L'ipotesi che si trattasse di una miniera o cava fu da subito scartata in quanto, trovandosi sul gesso, appariva inutile scavare gallerie in profondità per cavare il gesso che si sarebbe potuto estrarre comodamente a cielo aperto. Ma il gesso non è tutto uguale. Nella Historia Naturale di Plinio, si parla a più riprese del gesso; ma in alcuni passi si parla nello specifico delle miniere presenti in Spagna:
“Quasi tutta la Spagna abbonda di miniere di piombo, ferro, rame, argento, oro ; in particolare, la Citeriore è ricca anche in pietra speculare...ma la Spagna è superiore per lo sparto prodotto dai suoi deserti e per la pietra speculare...”
Anche Isidoro da Siviglia, scrive:
“La pietra speculare è stata così chiamata perchè diafana come il vetro. Fu scoperta nell’Ispania citeriore, presso la città di Segrobiga. Si trova sotto terra e, una volta estratta, si taglia e si riduce in lastre sottili quanto si voglia”
Ma cos'è esattamente la pietra specularis? Nel corso della storia le interpretazioni sono state varie, anche perchè non era chiaro quali fossero queste cave a cui si riferiva Plinio. Questo almeno finchè negli ultimi decenni non sono state progressivamente identificate tutta una serie di cave che fanno dell'area spagnola un vero e proprio distretto minerario. La città di Segobriga, nell'area della Castilla e della Mancha era famosa ai tempi di Augusto in tutto l’impero per la produzione di gesso trasparente o translucido, lapis specularis cioè pietra speculare. L’estrazione di questo minerale contribuì grandemente alle fortune di questa città, trattandosi di una risorsa di importanza continentale e commerciata in tutto l'Impero. Questo almeno fino all'invenzione del vetro piano. Anticamente una finestra è infatti solamente una apertura nel muro, che per essere chiusa dev'essere tamponata con tende o con scuroni in legno. Le conoscenze tecniche per ottenere il vetro per soffiatura, non permettono infatti di ottenere lastre piatte, almeno fino al II° sec. d.C. Ma anche dopo il costo appare proibitivo anche per le famiglie aristocratiche. Nell'Edictum de pretiis di Diocleziano, del 301 d.C. viene indicato per le lastre di lapis specularis un costo di 8 denari a libbra, rispetto ai 24 denari per il vetro proveniente da Alessandria d'Egitto, o ai 13 per il vetro di peggiore qualità, prodotto nell'area siro-palestinese. In questa prospettiva per almeno 4-5 secoli, dall'inizio del suo uso, fino alla sua parziale sostituzione con il vetro, il gesso traslucido appare una materia prima di grande importanza e valore. Geologicamente si tratta di gesso secondario, cioè ottenuto da una soluzione di acqua satura di gesso, che si rideposita in una frattura della roccia dando luogo ad una vena o un filone traslucido, praticamente trasparente. Quindi non gesso usato come pietra da taglio o malta, ma estratto per essere trasformato in piccole lastrine trasparenti, da montare su un telaio in legno per costruire finestre e vetrate. Dalla fine del II° secolo le cave spagnole vedono un rapido declino, forse anche a causa dei costi di trasporto del materiale verso il centro dell'impero. Confrontando la struttura e le tracce presenti nella grotta della Lucerca, con le miniere spagnole, si è colpiti dalla analoghe soluzioni tecniche. Buche di palo, nicchie per le lucerne, scalini, larghezza delle gallerie, tipologia degli attrezzi usati, appaiono i medesimi. Ovviamente osservando nella nostra grotta, ritroviamo abbondanti tracce di gesso traslucido abbandonato nelle gallerie, mentre non ne troviamo quasi traccia sulle pareti lavorate. Tranne che in alcuni punti sul soffitto, dove appaiono i resti di quello che doveva essere una vena di minerale. Ma la cosa più interessante viene fuori da un confronto diremo Etnoarcheologico. Cioè cercando di capire se un tale uso del gesso secondario abbia lasciato traccia nelle tecniche moderne o contemporanee. La cosa nuovamente è ovvia e sorprendente allo stesso tempo. Da una parte all'altra della Vena del Gesso, appare che fino al secondo dopoguerra questo tipo di gesso veniva usato localmente come sostituto del vetro, almeno per gli stalletti dare luce ai ricovere degli animali. Raccolto nelle cave di gesso da presa o direttamente sulla vena, dove a volte emerge alla luce in piccoli filoni. Concludendo, allo stato attuale dei ritrovamenti archeologici, la grotta-miniera della Lucerna sembra essere stata frequentata fino al V-VI sec. d.C. con sporadiche visite durante il medioevo, ma nulla vieta di pensare che possano esserci nell'area altre miniere simili ancora da individuare. In tutti i casi una tale tipologia mineraria, appare estremamente rara e che io sappia unica allo stato attuale delle ricerche in Italia. Ulteriori ricerche e sopratutto il confronto con gli studi in corso in Spagna, potranno gettare ulteriore luce su questo strano patrimonio a metà strada tra natura e cultura.
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