lunedì 28 dicembre 2020

Esplorazioni, grotte di ghiaccio & cambiamenti climatici

L'Isola di Ellesmere, non è un posto troppo frequentato e neanche un posto troppo caldo. Ad oltre 80° di latitudine nord, oltre la Groenlandia nord-orientale, è sicuramente un posto fuori mano; ma se sei in corsa per esplorare i misteri dell'Artico e sei alla fine del 19° secolo è il posto perfetto! Se poi hai la fortuna di chiamarti Otto Sverdrup ed essere il capitano del Fram, allora non puoi proprio chiedere di meglio alla vita. Molti conoscono la storia di Nansen e delle esplorazioni che condusse per oltre due anni lasciandosi trasportare alla deriva verso il Polo Nord a bordo del Fram. Il libro che descrive le sue avventure, "Farthest North" si è giustamente guadagnato un posto di prima fila tra la letteratura di esplorazione. Il Fram non era solo una buona nave, era probabilmente la nave perfetta per questo genere di esplorazioni, tanto che nel 1910 accompagnerà  Amundsen al Polo Sud, ma pochi sanno che prima di questa esplorazione, lo stesso Fram fu impegnato in altri 4 anni di esplorazioni polari, questa volta nelle isole oltre la Groenlandia Orientale. Chi poteva guidare quella splendida nave se non il capitano Sverdrup? Cosi tornato da 3 anni di spedizione tra il ghiaccio Sverdrup non esita un istante quando Nansen gli propone di guidare come leader una nuova spedizione esplorativa, e riparte dopo meno di due anni nell'estate del 1898 questa volta con l'intento di restare in viaggio per 4 anni. 

Ma cosa c'entra tutto questo con le grotte glaciali e i cambiamenti climatici? Beh una dei primi luoghi che esplorerà la nuova spedizione, sono i fiordi dell'Hayes Sound, che sembrano tagliare in due La Terra di Ellesmere, di cui gli esploratori ignorano tutto tranne quel breve tratto di costa. Bisogna andare a mappare ed esplorare quel passaggio per capire se è un canale o un fiordo, bisogna salire sulla dorsale da cui discendono infiniti ghiacciai per avere una panoramica dell'area. Il gruppo inizia quindi esplorando il fiordo Alexandra, salendo da un ghiaccio laterale al suo inizio per raggiungere la dorsale e quindi con un largo giro tornare dopo alcuni giorni dal ghiaccio che scende dalla testa del fiordo. Ma non tutto è così semplice e la via di discesa sarà quantomeno inaspettata:

"16 settembre 1898 - Eccoci alfine sulla cima dell'altura che divide i due versanti: di la scendiamo per un pendio verso nord-est. Anche qui il cammino non è troppo facile, finalmente dopo molte peripezie un ghiacciaio ci conduce sull'estremità inferiore del fjord Alexandra. Questo ghiacciaio finisce in ogni sua parte con dirupamenti cosi verticali che ci riesce impossibile discendere. Cerchiamo così per parecchie ore un punto da dove poter raggiungere la terra ferma; ma non lo troviamo. Allora eccoci forse un altra volta costretti ad una ritirata proprio quando siamo vicini a raggiungere lo scopo? Non so decidermi a comandare il ritorno, e rimetto la mia decisione al giorno dopo. Ho avuto perfettamente ragione. Per caso esplorando ancora una volta il sommo dell'altura che ci tiene prigionieri, troviamo una breccia. E' difficilissima, ma ci permetterà di uscire dalla nostra prigionia. La via è in sostanza, un canale scavato nello spessore del ghiacciaio: il canale scorre libero, in principio, sotto il cielo libero, poi, più lungi, penetra, come un tunnel sotto i ghiacciai. Questo canale è lungo circa 900 metri. Impieghiamo a percorrerlo non meno di sei ore! Dal ghiacciaio, un pendio erboso ci conduce all'estremità superiore del fjord Alexandra, da dove ci avventuriamo sopra i banchi di ghiaccio che coprono il fjord." 

Otto Sverdrup, Quattro anni fra i ghiacci del Polo Nord


Carta di sintesi delle Esplorazioni della Spedizione Sverdrup presso l'Hayes Sound


Un canale che si fa 'tunnel' che altro non è che la traccia di una grotta subglaciale che sfocia sulla testa del ghiacciaio. Sicuramente la prima descritta per l'isola di Ellesmore e l'area della Groenlandia e forse una delle prima percorse per una tale lunghezza, soprattutto come via di salvezza! E fortuna volle che la sera prima facesse la frizzante temperatura di -30° che di sicuro libera dal problema dell'acqua liquida quando percorri il cammino sotterraneo di un torrente sub-glaciale! A questo punto anche senza imbarcarci per Ellesmore, possiamo dare un occhiata a quei luoghi descritti 122 anni fa. Il ghiacciaio principale che sfocia alla testa del fiordo Alexandra mostra bene le caratteristiche descritte da Sverdrup. Non sappiamo come si presentasse nel 1898, ma possiamo osservare purtroppo, la sua rapida evoluzione nell'arco di tempo tra il 1984 ed il 2018. Se nella prima immagine si intuisce appena il 'canale' descritto dall'esploratore, nella seconda immagine possiamo purtroppo vedere fin troppo bene il sinuoso percorso del torrente subglaciale, che da sotterraneo si è fatto superficiale in tutto il suo scorrere fino alla morena. La terra di Ellesmore riceve pochissime precipitazioni come molte aree artiche, quindi risulta evidente anche dall'osservazione di altri bacini glaciali, la netta riduzione dello spessore dei corpi glaciali. Se poi scendiamo nei dettagli, beh sicuramente possiamo capire perché il nostro Sverdrup ci abbia tenuto a sottolineare come ci siano volute ben 6 ore per percorrere quei 900 metri di canale in buona parte sotterraneo che li separava dal mare. Probabilmente la grotta scorrendo a poca profondità, come simili fenomeni presenti nei ghiacciai della Patagonia, poteva presentarsi illuminata dalla rifrazione della luce solare che spesso crea una sorta di illuminazione diffusa che sembra provenire dalle pareti stesse. Le grotte glaciali sono effimere, e si muovono con la massa in cui si sviluppano, ma tendono a riprodursi simili a se stesse nella nuova massa glaciale che avanza. L'intreccio complesso tra masse di ghiaccio e forma del substrato roccioso ne forgia i caratteri come un flusso: un turbolenza stabile nel tempo. Ovviamente a patto che il ghiacciaio sopravviva e non si assottigli troppo. Ecco purtroppo questa strana storia, sospesa tra antichi esploratori e immagini satellitari, ci ricorda come anche nella lontana e disabitata Ellesmore i ghiacciai stiano combattendo una lotta per la sopravvivenza. 


La situazione del ghiaccio "Alexandra" nel 1984. L'area del 'canale' si intravede appena, mentre la bocca sul fronte è appena abbozzata. La lingua minore oltre la morena appare integra. 

Il ghiaccio nel 2018. La struttura drenante appare in più punti scoperchiata e trasformata in una canale a cielo aperto. La bocca sul fronte si è allargata, mentre a destra appaiono altre strutture drenanti. 




Situazione attuale del ghiacciaio. Sebbene in apparenza il ghiaccio sembra aver mantenuto la sua 'estensione' il confronto con le alture come l'emergere delle strutture di drenaggio sotterraneo, mette chiaramente in evidenza la drammatica riduzione dello spessore della massa glaciale.  


L'immagine ad alta risoluzione evidenzia perfettamente il 'tratto di canale' descritto da Sverdrup 122 anni fa. Nella lunghezza di circa 1 km prima del fronte glaciale, 
la struttura descritta come 'un tunnel sotterraneo' appare ora completamente a cielo aperto, mentre ulteriori strutture, invisibili sono pochi anni fa, sono comparse nelle fasce periferiche a sud-est.