Partirà il 17 dicembre la spedizione speleologica Papua 2017
I satelliti della serie Sentinel sono in grado di fotografare e mostrarci ogni angolo del pianeta e i suoi cambiamenti ogni tre giorni.
Vista sotto questa prospettiva, la Terra potrebbe sembrare un posto immerso in un eterno presente, privo di angoli bui. Un posto dove ormai parrebbe impossibile trovare luoghi blank on the map: spazi vuoti sulle carte, capaci di affascinare e raccontare nuove storie proprio perché ancora ignoti. Fortunatamente per la nostra fantasia e umanità, gli speleologi sanno che l’ignoto e l’esplorazione sono un qualcosa ancora oggi vivo e reale. Qualcosa di cui per ora non vediamo la fine. Le chiazze bianche si sono solo spostate divenendo blank under the map, al riparo dall’occhio indiscreto di Sentinel. Seguendo le strade segrete dell’aria e dell’acqua la geografia della Terra è ancora una via da esplorare e percorrere con il proprio corpo. Se poi l’acqua che si decide di seguire è tanta, si possono avere belle sorprese.
Dal 2012 un team trasversale di speleologi, sotto il coordinamento del gruppo Acheloos Geo Exploring, ha avviato un progetto di ricerca denominato Call for river, con obbiettivo la documentazione e l’esplorazione dei fiumi sotterranei con il maggiore regime idrico esistenti sul pianeta. Le ricerche attualmente si sono focalizzate sull’area compresa tra Asia orientale e Oceania. Grazie alle spedizioni degli scorsi anni abbiamo identificato proprio nell’estremo oriente dell’Indonesia tra le isole Molucche e la Nuova Guinea, gli obbiettivi più importanti da tentare. In questa prospettiva partirà il 17 dicembre la spedizione speleologica Papua 2017. Teatro della esplorazioni sarà la Bird’s Head, penisola settentrionale di West Papua, parte indonesiana della Nuova Guinea, obbiettivo i grandi trafori idrogeologici e i sistemi carsici che il fiume Aouk ha creato lungo la sua vallata. Obiettivi identificati e in parte raggiunti nel corso della spedizione realizzata del 2016. Proprio la verifica sul campo e l’inizio delle esplorazioni, ci ha confermato che l’Aouk-Kladuk, potrebbe essere quello che stavamo cercando, ovvero il fiume sotterraneo con la maggiore portata del pianeta. Si tratta infatti di una serie di grotte e trafori percorsi da un fiume che nella sua parte più a valle, arriva ad avere una portata media stimata in oltre 180 metri cubi al secondo. Sebbene si tratti di grotte e sistemi carsici con un limitato sviluppo verticale, proprio la quantità di acqua e il continuo rischio di piene e inondazioni, rende l’esplorazione complessa e delicata.
Un luogo fatto di acqua e di pietra che s’intreccia con la storia e la mitologia dei Mey Mare, la popolazione che da secoli abita le foreste di questa parte della piana di Ajamaru, ma anche con le storie degli antichi esploratori della Nuova Guinea. Odoardo Beccari, primo europeo che visitò l’interno della penisola nel 1873, esplorando la valle del fiume Wa Samson, arrivò a circa una dozzina di chilometri dalla valle del fiume Aouk, allora chiamato Kabrara. Ma nel suo ultimo viaggio nel 1875 si reco presso la sua foce, nel golfo di Samei da dove riconobbe e per primo descrisse la lunga dorsale di colline e coni calcarei dove scorre il fiume. Nel 1914 il tenente Gustav Ilgen al comando di una pattuglia di esploratori olandesi riuscì invece a raggiungere e fotografare proprio l’imbocco di uno dei trafori. Nella carta che contribui a produrre, una piccola sigla segna per la prima volta l’esistenza di una parte del corso sotterraneo dell’Aouk.
L’esistenza dei trafori e dei tratti sotterranei più a monte comparve invece sulle carte topografiche solo nel 1957, grazie ad occasionali osservazioni aeree. Anche se oggi i satelliti ci mostrano meravigliose immagini di questi ingressi, le grotte del fiume Aouk, restano ancora totalmente inesplorate. A oltre un secolo da quel primo segno su una carta geografica, la spedizione si propone l’esplorazione e la documentazione di questo incredibile patrimonio geologico, vero e proprio potenziale geosito di rilevanza mondiale. Perché anche oggi, nell’era dei satelliti, è ancora tempo per andare a caccia di luoghi e di nuove storie da raccontare.
Un ringraziamento particolare va ai numerosi Enti che ci hanno concesso il loro patrocinio nonché ovviamente agli sponsor che hanno creduto nel progetto accordandoci fiducia e prezioso materiale tecnico: Kikko Lamp; Rodcle Equipment; CT Climbing Technology; Petzl; Repetto Sport; Korda’s; Alpacka Raft; Enomad Energy.
Un ringraziamento particolare va ai numerosi Enti che ci hanno concesso il loro patrocinio nonché ovviamente agli sponsor che hanno creduto nel progetto accordandoci fiducia e prezioso materiale tecnico: Kikko Lamp; Rodcle Equipment; CT Climbing Technology; Petzl; Repetto Sport; Korda’s; Alpacka Raft; Enomad Energy.
La squadra dei Papuani: Andrea Benassi (Società Speleologica Saknussem); Tommaso Biondi; Marc Faverjon; Thomas Pasquini (Gruppo Speleologico Piemontese); Paolo Turrini (Roma, speleo autonomo); Ivan Vicenzi (Gruppo Speleologico Sacile); Riccardo Pozzo (Gruppo Speleologico Biellese) e Katia Zampatti (Gruppo Grotte Brescia).