mercoledì 20 luglio 2022

A caccia di grotte tra inferno e paradiso (Islanda -Lakagikar)

 Il Moss è morbido, incredibilmente morbido e alto. Mentre cammini a tratti immagini che possa inghiottirti e magicamente trasportarti direttamente nelle misteriose profondità della Terra. Tradurlo come muschio non rende l'idea: più che il muschio usato nel presepe, questo somiglia ad una foresta in miniatura. Ricopre praticamente ogni frammento di lava e ogni asperità, creando un colorato mare di onde e forme morbide in tutte le tonalità del verde. Un mare profondo anche mezzo metro. Per una ironica legge del contrappasso, la lava tanto dura e tagliente è ricoperta e nascosta da una infinita pelle tanto morbida e delicata. Attraversare un luogo del genere da un nuovo significato all'idea di superfice come spazio di contatto e la parola camminare non rende per niente l'idea. Non cammini sul Moss, piuttosto sei circondato e avvolto dal Moss. Una sensazione di dolcezza e abbraccio. Mentre cerchiamo di passare facendo meno danni possibili, pensiamo a come facciamo bene gli islandesi ad esserne orgogliosi e a volerlo proteggere. Decisamente è un posto dove le battute di ricerca devono essere ridotte al minimo e ben definite. Come se non bastasse se alzi gli occhi il campo lavico di Lakagigar ti circonda fino all'orizzonte a perdita d'occhio. Cercare grotte laviche in questo posto non è per niente facile. Lakagigar ovvero i crateri del Monte Laki è qualcosa che non ti aspetti, anche se parti preparato alla meraviglia. Sicuramente anche gli abitanti di Klausur si svegliarono molto meravigliati quando il 7 giugno del 1783 il cielo si riempi di boati e fumo. Le cose non stavano andando per niente bene a pochi chilometri dalle loro case. Oltre 130 crateri si stavano formando lunga una fessura di diverse decine di chilometri. In realtà non erano proprio crateri, oggi li chiamiamo pseudocrateri, perchè a guardarli dall'alto sembra proprio di vedere decine di bocche eruttive: un incredibile alveare di bocche nere, eppure la loro origine è dovuta all'incontro della lava con fluidi di falda, un brutto incontro sopratutto se ci abiti vicino. Enormi bolle esplosive che hanno caratterizzato la prima fase dell'eruzione del Laki. Sicuramente al parroco Jon Steingrimsson, che ci ha lasciato la descrizione della mostruosa eruzione, questi piccola distinzione geologica non sarebbe interessata. Le sue pagine sono già piuttosto occupate dalle descrizioni dei terribili effetti che ventidue fontane di fuoco che si alzavano fino al cielo stavano producendo. Giorno dopo giorno, nuvole di fluoro gassoso e diossido di zolzo, stavano uccidendo animali e uomini, mentre un enorme fiume di lava dalla valle di Skafta inghiottiva campi e fattorie avvicinandosi sempre più al paese. Forse grazie alle preghiere dei fedeli o forse grazie ad un provvidenziale lava tube che si formò incanalando la lava, il paese fu risparmiato dalla distruzione totale ma gli effetti di 244 giorni di eruzione furono incredibili. Oltre la metà del bestiame islandese morì intossicato mentre gli effetti delle carestie uccisero un quarto della popolazione dell'intera isola. L'eruzione aveva prodotto non solo 15 chilometri cubici di lava ma anche una enorme quantità di aereosol velenoso proiettato fino nella troposfera. Un qualcosa che riuscì a modificare il clima dell'intero emisfero boreale. Tutto il clima fino in Africa ne su alterato per molti anni. In inghilterra la chiamarono la foschia del Laki e tanto era densa da impedire alle navi di uscire dai porti. In Francia un alternarsi di estati torride e inverni freddi crearono scompensi alla produzione agricola peggiorando ancora di più le condizioni dei contadini e gettando forse le basi per la rivoluzione che sarebbe scoppiata appena 5 anni dopo. Mentre camminiamo sul Moss, cosi morbido e delicato, sembra incredibile che questo sia lo stesso luogo di apocalisse e inferno descritto dal reverendo Jon. Duecentoquaranta anni sono bastati perché ogni angolo di quell'inferno fosse colonizzato dalla vita... o quasi. Quando sotto uno degli infiniti pseudocrateri troviamo l'imbocco di una grotta, ecco che allora la lava torna a mostrare la sua natura. I toni verdi pastello cedono il passo ai toni del nero e del rosso, mentre le forme da dolci e arrotondate si trasformano all'istante in dure e taglienti. Sulla volta selve di lame e aghi di basalto ci ricordano quando qui comandava il fuoco e tutto era avvolto in un plasma di pietra gassosa. Se le lavacicle, le stalattiti di lava parlano di una pietra che cola dolcemente, qui sotto questa selva di bolle esplosive, questi aghi e rasoi di basalto parlano di una pietra che ancora non sa decidere se scorrere o esplodere. Quasi la fotografia di una turbolenza, una tempesta di fuoco e pietra che ora si è fatta grotta.












(Kiernan,Wood, Middleton 2003)