giovedì 8 febbraio 2018

Papua 2017: storie di gamberi e di fiumi


Le grotte possono comportarsi in modo molto strano. A volte sembrano nascondersi, negarsi agli esploratori, quasi a lasciarsi dimenticare dal mondo. In altri momenti sembrano chiamarti, portandoti sulle loro tracce e intrecciando la loro storia con la tua. Le grotte della Nuova Guinea anche se lontane, non fanno eccezione; anzi forse perché più grandi, quando decidono di chiamarti, lo fanno con una voce a cui non puoi resistere. Durante i mesi in cui abbiamo messo a punto il programma della spedizione in West Papua, avevamo chiaramente deciso, dopo le esplorazioni sul fiume Aouk-Kladuk, di dedicare in ogni caso una parte del tempo a disposizione, ad una breve survey nella regione di Wamena-Baliem, nelle highland centrali. Un modo per provare ad ingravidare il futuro. Una zona questa distante oltre mille chilometri e un paio di aerei dalla penisola della Vogelkop. Una zona per noi nuova, ma relativamente facile dal punto di vista logistico, l'unica realmente oggetto di precedenti spedizioni speleologiche, quindi in apparenza un posto già visto. Eppure dallo studio dei report delle precedenti spedizioni, svoltesi tutte tra la fine degli anni '80 e la fine dei '90, molte cose non tornavano. Forse per colpa della cronica mancanza di cartografie, delle difficoltà logistiche e burocratiche nonché della vastità del territorio, l'impressione fu che le differenti spedizioni non riuscissero a focalizzare una zona su cui approfondire le ricerche. Che fosse mancata l'occasione per farsi un quadro d'insieme e un idea di cosa e dove cercare, anche partendo dai risultati delle spedizioni precedenti. Leggendo i report, nella valle del Baliem sono molti i posti e le grotte esplorate e ri-esplorate più volte da diverse spedizioni, quasi che il genius loci di quelle terre si facesse beffa di ogni tentativo di descrivere e identificare coordinate e luoghi con certezza. Le spedizioni inglesi erano iniziate con la chiara intenzione di cercare aree carsiche ad altissima quota, oltre i 4000 metri, con il l'intento di realizzare il primo meno mille dell'emisfero Australe e magari anche molto di più visto il potenziale teorico. Poi le cose si erano complicate. Obbiettivi e possibilità sempre più incerti, il primo meno mille era comparso in Nuova Britannia e per dare il colpo di grazia sul finire del millennio, la situazione politica e sociale in Indonesia e West Papua si era fatta talmente incerta da sconsigliare ulteriori spedizioni. Questo almeno fino ad oggi. Che si tratti di fortuna o di congiunture, poco importa, entrambe sono utili. Quando scopriamo che Robert, un amico australiano che ha partecipato proprio alle ultime spedizioni inglesi oltre vent'anni fa, sarà a Wamena nei nostri stessi giorni, la cosa ci sembra un segno del destino. Lui non è li per grotte, ma quando cominciamo a parlare di cose fatte e cose ancora da fare, l'entusiasmo dell'esploratore si accende e non ci mettiamo molto a decidere di fare le cose insieme. Mettendo insieme immagini satellitari, vecchi ricordi ed esplorazioni non finite, i luoghi e gli obbiettivi prendono forma. 



Alcuni dei grandi sotani in quota sopra il sistema del fiume Yumugi


I grandi pozzi e gli inghiottitoi che in Italia avevamo individuato in alta quota dalle immagini satellitari si legano alle risorgenze e ai fiumi sotterranei in parte esplorati da loro un quarto di secolo fa. Prende forma una zona totalmente non battuta e che potrebbe proprio avere quel potenziale verticale tanto cercato. Il panorama si schiarisce e capiamo che la cosa forse più importante fatta dalla precedenti spedizioni, è anche la meno conosciuta, anzi praticamente ignota. La Gua Kutiulerek o sistema del fiume Yumugi, grande risorgenza esplorata per sei chilometri dalla spedizione del 1996 organizzata da Andy Eavis, è rimasta infatti per ventidue anni avvolta nelle nebbie: ha cercato in ogni modo di farsi dimenticare. Le dimensioni non sono quelle a cui ci ha abituato il fiume Aouk. Forse meno di un metro cubo di acqua, e gallerie quasi mai oltre i venti metri di diametro, ma i chilometri non mancano. Mentre percorriamo il fiume riccamente concrezionato, la galleria sembra non finire mai, chilometro su chilometro, prima di arrivare nelle zone nuove, lasciate inesplorate. 



Galleria nella Gua Kutiulerek_sistema del fiume Yumugi



L'acqua non è pericolosa, qui per affogare bisogna impegnarsi, ma al contrario per l'ipotermia non è poi cosi complicato. Siamo a oltre 1700 metri di quota, e anche se siamo all'equatore si sente. L'acqua è fredda come ci eravamo scordati potesse essere. Quindici gradi, e la nostra muta da surf quando cominci a passarci venti ore a mollo non è proprio l'ideale. Ma si sa che l'esplorazione scalda i cuori o almeno cosi ti racconti quando hai i piedi a mollo, e cosi prima di uscire mettiamo in tasca altri due chilometri di nuove gallerie: portando la grotta a superare gli otto, cosa che oltre a farne la più lunga in West Papua, ne fa anche una delle più importanti dell'intera Indonesia. Il fiume Yumugi sembra però avere intenzione di fare le cose in grande, di diventare famoso, e se un fiume sotterraneo si mette in testa una cosa, un modo per ottenerla prima o poi lo trova. A noi cosi instilla in testa l'idea che ci sia molto altro da esplorare, e che sotani e inghiottitoi lontani oltre dieci chilometri siano tutti amici suoi. La temperatura ci parla di distanze verticali e di acqua che potrebbe essere entrata oltre un chilometro più in alto. Esattamente dove i satelliti ci mostrano punti neri e valli cieche. E i gamberi cosa c'entrano? 




Cherax Acherontis, primo gambero ipogeo descritto nell'emisfero meridionale


Come dicevo se un fiume decide di farsi conosce, lo fa seriamente, e cosi ci mostra anche alcuni dei suoi abitanti, ovvero dei giganteschi gamberi bianchi, che nuotano inquietanti e tranquilli nell'acqua fredda. Intendiamoci, non gamberetti di qualche centimetro, ma gamberi grandi come aragoste. Non pensiamo neanche di portarceli via: da una parte non possiamo per mancanza di accordi con le istituzioni indonesiane, ma anche volendo non sapremmo neanche come trasportarli tanto sono grandi! La bibliografia biospeleologica però l'abbiamo letta, i transect biologici in West Papua sono veramente pochi, gamberetti non sono mai stati segnalati e meno che mai gamberi. Mentre osserviamo la bestia e le sue chele, il dubbio che sia qualcosa di importante è più che un pensiero. Un pensiero che tormenta me e Paolo una volta tornati in Italia e ci spinge ad approfondire ancora di più lo stato della gamberologia ipogea. Quando una grotta chiama, decide lei quanta gente chiamare e che storie intrecciare. Cosi nello stupore più assoluto scopriamo un articolo uscito pochi giorni fa, esattamente nei giorni del nostro soggiorno Papuano a firma di tre biologici Cechi. La grotta Kutiulerek, che non esiste in nessuna bibliografia speleologica è stato meta di un loro campionamento non più di qualche mese fa e hanno appena pubblicato i risultati. Sono specializzati in crostacei e gamberi, non sono biospeleologi, e neanche speleologi, hanno un progetto sulla variabilità genetica dei gamberi in Nuova Guinea e per i casi del destino sono finiti a raccogliere campioni nelle parti iniziali di Kutiulerek. 


La barra a destra sono 2 cm, l'esemplare con le chele misura quindi quasi 20cm. Descritto per la prima volta pochi mesi fa dai biologi Patoka JBláha MKouba A.



Non posso non pensare che sia stato il fiume Yumugi a chiamare anche loro. Beh aveva sicuramente un buon motivo per scegliere di chiamarli, visto che cosi è nato il Cherax Acherontis, ovvero il primo gambero ipogeo dell'intero emisfero australe. Un qualcosa di mai visto e assolutamente rarissimo. A questo punto la grotta sembra aver raggiunto il suo scopo. Ha instillato nelle nostre menti l'idea di tornare, e infatti cosi faremo a breve, ha intrecciato storie e persone con cui abbiamo già preso contatto e con cui speriamo di vivere nuove storie insieme. In ogni caso, almeno a me è ormai chiaro che idee, progetti, storie e avventure, hanno origini misteriose e insondabili.

p.s.
Mai farsi nemico un fiume sotterraneo, è una brutta bestia, dal carattere mutevole e permaloso, quindi ci guarderemo bene dal tradire l'Aouk per lo Yumugi, d'altro canto i rapporti monogami non riguardano i corsi d'acqua, nessuno di loro ci chiede di scegliere, quindi non ci resta altro che dedicarci con il giusto tempo ad entrambe. Tanto il visto per l'Indonesia dura due mesi.


Hanno partecipato alla spedizione Papua 2017: Ivan Vicenzi (Gruppo Speleologico Sacile), Thomas Pasquini (Gruppo Speleologico Piemontese); Katia Zampatti (Gruppo Speleologico Brescia), Andrea Benassi (Società Speleologica Saknussem); Riccardo Pozzo (Gruppo Speleologico Biellese); Tommaso Biondi, Marc Faverjon e Paolo Turrini.