Le
grotte possono comportarsi in modo molto strano. A volte sembrano
nascondersi, negarsi agli esploratori, quasi a lasciarsi dimenticare
dal mondo. In altri momenti sembrano chiamarti, portandoti sulle loro
tracce e intrecciando la loro storia con la tua. Le grotte della
Nuova Guinea anche se lontane, non fanno eccezione; anzi forse perché
più grandi, quando decidono di chiamarti, lo fanno con una voce a
cui non puoi resistere. Durante i mesi in cui abbiamo messo a punto il
programma della spedizione in West Papua, avevamo chiaramente deciso,
dopo le esplorazioni sul fiume Aouk-Kladuk, di dedicare in ogni caso
una parte del tempo a disposizione, ad una breve survey nella regione
di Wamena-Baliem, nelle highland centrali. Un modo per provare ad
ingravidare il futuro. Una zona questa distante oltre mille
chilometri e un paio di aerei dalla penisola della Vogelkop. Una zona
per noi nuova, ma relativamente facile dal punto di vista logistico,
l'unica realmente oggetto di precedenti spedizioni speleologiche,
quindi in apparenza un posto già visto. Eppure dallo studio dei
report delle precedenti spedizioni, svoltesi tutte tra la fine degli
anni '80 e la fine dei '90, molte cose non tornavano. Forse per colpa
della cronica mancanza di cartografie, delle difficoltà logistiche e
burocratiche nonché della vastità del territorio, l'impressione fu
che le differenti spedizioni non riuscissero a focalizzare una zona
su cui approfondire le ricerche. Che fosse mancata l'occasione per
farsi un quadro d'insieme e un idea di cosa e dove cercare, anche
partendo dai risultati delle spedizioni precedenti. Leggendo i
report, nella valle del Baliem sono molti i posti e le grotte
esplorate e ri-esplorate più volte da diverse spedizioni, quasi che
il genius
loci
di quelle terre si facesse beffa di ogni tentativo di descrivere e
identificare coordinate e luoghi con certezza. Le spedizioni inglesi
erano iniziate con la chiara intenzione di cercare aree carsiche ad
altissima quota, oltre i 4000 metri, con il l'intento di realizzare
il primo meno mille dell'emisfero Australe e magari anche molto di
più visto il potenziale teorico. Poi le cose si erano complicate.
Obbiettivi e possibilità sempre più incerti, il primo meno mille
era comparso in Nuova Britannia e per dare il colpo di grazia sul
finire del millennio, la situazione politica e sociale in Indonesia e
West Papua si era fatta talmente incerta da sconsigliare ulteriori
spedizioni. Questo almeno fino ad oggi. Che si tratti di fortuna o di
congiunture, poco importa, entrambe sono utili. Quando scopriamo che
Robert, un amico australiano che ha partecipato proprio alle ultime
spedizioni inglesi oltre vent'anni fa, sarà a Wamena nei nostri
stessi giorni, la cosa ci sembra un segno del destino. Lui non è li
per grotte, ma quando cominciamo a parlare di cose fatte e cose
ancora da fare, l'entusiasmo dell'esploratore si accende e non ci
mettiamo molto a decidere di fare le cose insieme. Mettendo insieme
immagini satellitari, vecchi ricordi ed esplorazioni non finite, i
luoghi e gli obbiettivi prendono forma.
Alcuni dei grandi sotani in quota
sopra il sistema del fiume Yumugi
I grandi pozzi e gli
inghiottitoi che in Italia avevamo individuato in alta quota dalle
immagini satellitari si legano alle risorgenze e ai fiumi sotterranei
in parte esplorati da loro un quarto di secolo fa. Prende forma una
zona totalmente non battuta e che potrebbe proprio avere quel
potenziale verticale tanto cercato. Il panorama si schiarisce e
capiamo che la cosa forse più importante fatta dalla precedenti
spedizioni, è anche la meno conosciuta, anzi praticamente ignota. La
Gua Kutiulerek o sistema del fiume Yumugi, grande risorgenza
esplorata per sei chilometri dalla spedizione del 1996 organizzata da
Andy Eavis, è rimasta infatti per ventidue anni avvolta nelle
nebbie: ha cercato in ogni modo di farsi dimenticare. Le dimensioni
non sono quelle a cui ci ha abituato il fiume Aouk. Forse meno di un
metro cubo di acqua, e gallerie quasi mai oltre i venti metri di
diametro, ma i chilometri non mancano. Mentre percorriamo il fiume
riccamente concrezionato, la galleria sembra non finire mai,
chilometro su chilometro, prima di arrivare nelle zone nuove,
lasciate inesplorate.
Galleria nella Gua Kutiulerek_sistema del fiume
Yumugi
L'acqua non è pericolosa, qui per affogare
bisogna impegnarsi, ma al contrario per l'ipotermia non è poi cosi
complicato. Siamo a oltre 1700 metri di quota, e anche se siamo
all'equatore si sente. L'acqua è fredda come ci eravamo scordati
potesse essere. Quindici gradi, e la nostra muta da surf quando
cominci a passarci venti ore a mollo non è proprio l'ideale. Ma si
sa che l'esplorazione scalda i cuori o almeno cosi ti racconti quando
hai i piedi a mollo, e cosi prima di uscire mettiamo in tasca altri
due chilometri di nuove gallerie: portando la grotta a superare gli
otto, cosa che oltre a farne la più lunga in West Papua, ne fa anche
una delle più importanti dell'intera Indonesia. Il fiume Yumugi
sembra però avere intenzione di fare le cose in grande, di diventare
famoso, e se un fiume sotterraneo si mette in testa una cosa, un modo
per ottenerla prima o poi lo trova. A noi cosi instilla in testa
l'idea che ci sia molto altro da esplorare, e che sotani e
inghiottitoi lontani oltre dieci chilometri siano tutti amici suoi.
La temperatura ci parla di distanze verticali e di acqua che potrebbe
essere entrata oltre un chilometro più in alto. Esattamente dove i
satelliti ci mostrano punti neri e valli cieche. E i gamberi cosa
c'entrano?
Cherax Acherontis, primo gambero
ipogeo descritto nell'emisfero meridionale
Come dicevo se un fiume decide di farsi conosce, lo fa
seriamente, e cosi ci mostra anche alcuni dei suoi abitanti, ovvero
dei giganteschi gamberi bianchi, che nuotano inquietanti e tranquilli
nell'acqua fredda. Intendiamoci, non gamberetti di qualche
centimetro, ma gamberi grandi come aragoste. Non pensiamo neanche di
portarceli via: da una parte non possiamo per mancanza di accordi con
le istituzioni indonesiane, ma anche volendo non sapremmo neanche
come trasportarli tanto sono grandi! La bibliografia biospeleologica
però l'abbiamo letta, i transect biologici in West Papua sono
veramente pochi, gamberetti non sono mai stati segnalati e meno che
mai gamberi. Mentre osserviamo la bestia e le sue chele, il dubbio
che sia qualcosa di importante è più che un pensiero. Un pensiero
che tormenta me e Paolo una volta tornati in Italia e ci spinge ad
approfondire ancora di più lo stato della gamberologia
ipogea. Quando una grotta chiama, decide lei quanta gente chiamare e
che storie intrecciare. Cosi nello stupore più assoluto scopriamo un
articolo
uscito pochi giorni fa, esattamente nei giorni del nostro soggiorno
Papuano a firma di tre biologici Cechi. La grotta Kutiulerek, che non
esiste in nessuna bibliografia speleologica è stato meta di un loro
campionamento non più di qualche mese fa e hanno appena pubblicato i
risultati. Sono specializzati in crostacei e gamberi, non sono
biospeleologi, e neanche speleologi, hanno un progetto sulla
variabilità genetica dei gamberi in Nuova Guinea e per i casi del
destino sono finiti a raccogliere campioni nelle parti iniziali di
Kutiulerek.
La barra a destra sono 2 cm,
l'esemplare con le chele misura quindi quasi 20cm. Descritto per la prima volta pochi mesi fa dai biologi Patoka J, Bláha M, Kouba A.
Non posso non pensare che sia stato il fiume Yumugi a
chiamare anche loro. Beh aveva sicuramente un buon motivo per
scegliere di chiamarli, visto che cosi è nato il Cherax
Acherontis,
ovvero il primo gambero ipogeo dell'intero emisfero australe. Un
qualcosa di mai visto e assolutamente rarissimo. A questo punto la
grotta sembra aver raggiunto il suo scopo. Ha instillato nelle nostre
menti l'idea di tornare, e infatti cosi faremo a breve, ha
intrecciato storie e persone con cui abbiamo già preso contatto e
con cui speriamo di vivere nuove storie insieme. In ogni caso, almeno
a me è ormai chiaro che idee, progetti, storie e avventure, hanno
origini misteriose e insondabili.
p.s.
Mai farsi nemico un fiume sotterraneo, è una brutta
bestia, dal carattere mutevole e permaloso, quindi ci guarderemo bene
dal tradire l'Aouk per lo Yumugi, d'altro canto i rapporti monogami
non riguardano i corsi d'acqua, nessuno di loro ci chiede di
scegliere, quindi non ci resta altro che dedicarci con il giusto
tempo ad entrambe. Tanto il visto per l'Indonesia dura due mesi.
Hanno partecipato alla spedizione Papua 2017: Ivan Vicenzi (Gruppo Speleologico Sacile), Thomas Pasquini (Gruppo Speleologico Piemontese); Katia Zampatti (Gruppo Speleologico Brescia), Andrea Benassi (Società Speleologica Saknussem); Riccardo Pozzo (Gruppo Speleologico Biellese); Tommaso Biondi, Marc Faverjon e Paolo Turrini.