giovedì 3 novembre 2016
Papua 2017_Call for river...
In Xanadu did Kubla Khan
A stately pleasure-dome decree:
Where Alph, the sacred river, ran
Throught caverns measureless to man
Down to a sunless sea.
(...)
Samuel Coleridge Kubla Khan or, a vision in a dream
domenica 16 ottobre 2016
Call for river... Step #1
Lo scorso anno nel Sapalewa abbiamo imparato a giocare con l'acqua. Adesso cominciamo a fare sul serio! Vi aspettiamo al raduno nazionale Strisciando 2016 per raccontarvi il prossimo passo...
sabato 24 settembre 2016
I bimbi sperduti...
Un giovane capitano Sachse durante la campagna di esplorazioni in Nuova Guinea 1907-1915 |
Quando il capitano Sachse fu richiamato in Nuova Guinea nel 1907, aveva appena finito di scrivere il suo primo libro sull'isola di Seram. A Londra un giovane scrittore aveva da poco rappresentato una nuova commedia che parlava di pirati, indiani e un isola che non c'è: "Peter Pan". Nel 1907 della Nuova Guinea si sapeva solo che fosse un isola separata dalla Nuova Olanda, e già questa certezza era stata una bella conquista per gli esploratori dell'epoca! La missione affidata al capitano Sachse dall'esercito coloniale Olandese era semplice: esplorare il più possibile quell'enorme isola all'altro capo del mondo. La sua pattuglia il distaccamento degli "Enfants Perdus" come decisero di chiamarsi, passò otto anni a cartografare ed esplorare l'interno di questa terra dove animali, uomini e paesaggi competono per suscitare stupore e meraviglia come non se ne vedevano dal tempo di Colombo. Un mondo a parte; un mondo purtroppo da dividere tra le potenze europee in guerra per il dominio. E' cosi che nasce Hollandia, oggi Jayapura, presidio olandese sulla costa settentrionale a pochi chilometri dal German Corner, equivalente presidio tedesco. Due pugni di uomini sperduti su due spiagge, entrambe con il compito di esplorare per dividere in due l'isola continente lungo il 141° meridiano Est. Una riga dritta a tagliare come una lama l'ignoto. Non sappiamo se il capitano Sachse nelle sue esplorazioni abbia incontrato il grandioso traforo del fiume Aouk. Già quando si trovava a Seram nei suoi scritti traspare una certa fascinazione per questi mostruosi fiumi che scompaiono nel sottosuolo, tanto da dedicargli note e preziose fotografie. La speleologia come disciplina e gioco è stata appena inventata, d'altro canto i luoghi da esplorare non mancano al mondo. Nello stesso momento un tale di nome Macey, sta esplorando il mostruoso fiume sotterraneo dello Xe Bang Fai, nella non lontana Indocina, questa volta al servizio della Repubblica francese. Ha appena finito di scrivere un lungo articolo intitolato "Sistemi sotterranei del Khammuane" e l'ha mandato ad una nuova rivista: Spelunca. L'ignoto in quegli anni comincia all'esterno e continua nelle tenebre, è cosi che anche nella cartografia del capitano Sachse sulla Nuova Guinea fa la sua comparsa la sigla O.L. Onderaardesche Loop, corso sotterraneo. Purtroppo il fiume Aouk nella Vogelkop è fuori da questa cartografia e forse non sapremo mai se lo sguardo dei Bimbi Perduti si sia posato su di lui. E' certo che una volta richiamato a Seram nel 1915 rimase affascinato dal grande traforo del Sapalewa: nelle sue parole traspare quasi un innamoramento per qualcosa di grandioso e sublime. Cosi nel nostro pellegrinare, senza volerlo, ancora una volta incrociamo la nostra storia con la sua, sentendo quasi affinità ed emozioni in comune. Cosi nel percorrere i lontani e maestosi luoghi del fiume Aouk, nello sbucare nel suo maestoso Tiankeng al centro della foresta anche noi ci sentiamo un poco Bimbi Sperduti davanti a tanta meraviglia.
Il Tiankeng dei Bimbi Sperduti dalla galleria del Mostro |
P.s.
Pochi anni dopo, in un mondo sempre diverso e sempre uguale, la grande penisola della Vogelkop, sede del fiume Aouk, ancora inesplorata diventava teatro di una guerra non sua e ancora una volta per difendersi ha solo la meraviglia dei suoi luoghi...
"Mountains in the central part of the Vogelkop attain elevations between 2,000 and 3,000 meters, and the region is, in every way, just as steep and rough as the Owen Stanley and Bismarck Ranges of eastern New Guinea and Papua. Separating the high mountains from the southern marshland is a wide region of rugged, inhospitable limestone hills, pitted with sinkholes and abounding in caves, disappearing and reappearing streams, and indescribably rough cliffs and crags. Much of this country is so rough and difficult to penetrate that it has never been seen except from the air."
1943_Informazioni classificate degli Alleati nella guerra contro l'occupazione giapponese nel Pacifico settentrionale.
mercoledì 21 settembre 2016
Call for river: Sungai (K), is this the biggest underground river in the world? Why not?
Sappiamo poco del fiume (K) e meno ancora del suo possibile traforo. Alcune cose però sono certe. Sappiamo come arrivarci, anzi ci siamo arrivati davanti, sul bordo della gola dove la sua acqua s'incanala probabilmente per scomparire in una galleria che non abbiamo visto. Sull'altro lato, almeno a giudicare dalle immagini satellitari, l'uscita sembra esserci, come sembrano esserci diversi enormi sfondamenti. Non sappiamo nulla sulla sua potenziale percorribilità, ovvero la domanda che ci poniamo è se esistano delle gallerie a pelo libero o se la quantità mostruosa d'acqua che s'incanala nella gola riempia tutto sotto pressione come un assurdo pistone idraulico. A giudicare dagli sfondamenti e dall'assenza di segni di inondazione, propendiamo per l'ipotesi galleria, ma è tale l'assurdità del fenomeno che siamo nel regno della fanta-speleologia e tutte le ipotesi sono aperte. Si perché il fiume di cui stiamo parlando anche senza essere troppo precisi ha un bacino di assorbimento di circa 2800 chilometri quadrati, in una zona con una piovosità tra i 4000 e i 5000 mm annui che sempre a spanne ci da una portata media di oltre 180 cumecs al secondo. E siccome le medie sono sempre difficili da trovare, se questo traforo esiste avremmo a che fare con qualcosa che ogni volta che piove due gocce viaggia sui 200 metri cubi al secondo. Praticamente il fiume Tevere alla foce. Fa ancora più pensare il fatto che il fiume a monte s'incanali in una gola estremamente stretta, che ci fa immaginare qualcosa come una lama d'acqua di dieci o venti metri d'altezza che corre... ma come dicevo siamo nel regno della fanta-speleologia e qui tutto è possibile. All'uscita invece già un chilometro a valle del presunto portale il fiume riprende le sue dimensioni 'classiche' ovvero una larghezza di circa 100 metri!
Se esistesse un tratto ipogeo percorribile il (K) river sarebbe per portata indubbiamente il fiume sotterraneo più grande del pianeta attualmente identificato, sia tra quelli esplorati che tra quelli inesplorati. Più grande del Tobio in Papua Nuova Guinea, più grande dello Xe Bang Fai in Laos, più grande della Thunder Cave sul fiume Baliem, e perfino più grande del ponte di roccia sul fiume Mubi sempre in Papua che con una portata di 'soli' 110 metri cubi finirebbe al secondo posto. Con una distanza approssimativa tra ingresso e uscita di almeno 1.3 chilometri la grotta che potrebbe esistere non sarebbe infatti un semplice arco di roccia relitto, ma qualcosa di semplicemente mostruoso. Come ho detto sappiamo poco del fiume (K), e se dovesse esistere la sua grotta, non sappiamo proprio come si possa esplorare una cosa del genere, ma sappiamo di esserci stati e sappiamo che sarà uno degli obbiettivi della prossima spedizione!
Andrea Benassi (Onderaardsche Loop Project Team)
L'uscita del grande (K) river. Quasi 200 cumecs escono ruggendo da qualcosa di simile ad una cascata, in alto in uno dei collassi strutturali, si nota chiaramente l'acqua sottostante... |
domenica 18 settembre 2016
Come sono nati i fiumi Sapalewa e Makina, progenitori di tutti i fiumi di Seram.
Una volta
sull'isola di Seram c'era una grande montagna, l'intera isola era
costituita da un altopiano. Al centro di questo, in un posto più o
meno dove oggi si trovano le sorgenti del Makina e del Sapalewa,
viveva una coppia, marito e moglie. Li ad una certa distanza dal
villaggio, avevano costruito il loro Pondok, la loro capanna. L'uomo
si chiamava Loemakina e la moglie Sapalewa. Un giorno si misero a
catturare pidocchi nella loro capanna. Una volta catturati li
raccolsero su un pezzo di corteccia, dove questi si trasformarono in
grandi larve del legno. Portarono queste larve al villaggio, dove
vennero da tutti mangiate con gusto. Gli abitanti del villaggio
avevano più volte chiesto ai due come riuscissero a vivere. Non
erano mai stati visti portare frutti dai campi; la donna non era mai
stata vista battere il sagu e l'uomo non era mai andato a caccia. Per
questo motivo alcuni uomini del villaggio decisero di spiare la
coppia. Un giorno Makina e Sapalewa erano impegnati come al solito a
raccogliere e nutrire le larve nella corteccia. Queste erano
cresciute enormemente e Sapalewa suggerì al marito che erano ormai
abbastanza per la cena, quando all'improvviso i due furono sorpresi
dal crepitare di un ramo e videro diversi uomini scappare. Il loro
segreto era stato scoperto; per la vergogna la coppia non osava
tornare al villaggio e decise di fuggire: "Andiamocene lontano"
disse Loemakina. "Tu andrai verso ovest e io verso est, ci
ritroveremo sulla costa." Detto questo l'uomo ruppe con una
pietra il nido dei pidocchi che era sulla testa della donna e
all'improvviso l'acqua usci spruzzando da tutte le parti. Più
passava il tempo e sempre più acqua sgorgava dalla testa della
donna. Gli spruzzi si trasformarono in un flusso che sgorgava dalla
testa di Sapalewa, che trascino l'uomo, e li trasportò entrambi
lungo il corso dei fiumi Sapalewa e Makina come attualmente esistono.
I primi fiumi che comparvero a Seram. LoeMakina percorse la sua
strada verso est, mentre Sapalewa si scavava la sua attraverso il
terreno. Spinsero e presero a calci tutto ciò che incontrarono lungo
la loro strada, scagliarono via lontano enormi pezzi di roccia e
terra che ricaddero qua e la. Così nacque la montagna selvaggia e
feroce. Loemakina dopo un giorno era già sulla costa, ma dovette
aspettare sua moglie per due giorni. Questa rimase infatti all'inizio
per due giorni in una fossa chiamata Tikosoene Tiboe per le
purificarsi e lavarsi. Poi fuggì oltre, ma andò a sbattere sul
monte Hatoesori, un gigantesco frammento di roccia, così
grande che non poteva più andare avanti. Arrabbiata per questo
ritardo, si gonfiò sempre di più, finchè il villaggio di Boeria,
che era li vicino, fu in grande pericolo, rischiando di essere
trascinato e inghiottito dall'infuriare delle acque. Ogni volta che
si sentiva un boato, si potevano udire le parole di Sapalewa: "Hahate
sa mai! Hahatatata'', che nella sua lingua significa: "Presto
datemi!" Mentre le parole rimbombano come il suono di uno
scalpello nella roccia. Gli abitanti del villaggio non capirono cosa
volesse e gettarono tremanti di paura un cane nella corrente
infuriata, ma un attimo dopo l'animale fu scagliato indietro da un
vortice. Allora provarono ad offrire tutti i tipi di cibo salato, ma
anche questi ribollivano e venivano scagliati indietro. Infine
spinsero una vecchia giù nell'acqua e questa tornò poco dopo con il
messaggio che Sapalewa voleva un parang, uno scalpello per
potersi mangiare la sua strada attraverso la roccia. Si precipitarono
allora lì per raccogliere e lanciare in acqua lo scalpello e non
molto tempo dopo sentirono un rumore tonante. Ecco, che l'acqua che
era già ai loro piedi e aveva raggiunto i pavimenti delle case,
cominciò a scemare. Una volta scomparsa sottoterra nella parete di
pietra, Sapalewa continuò il suo viaggio, ma qualche tempo dopo si
dovette fermare nuovamente per rompere un percorso attraverso la
roccia "Batoe tajane", la roccia al centro, infine,
attraverso Batoetausiwa la roccia dei Siwa. Quando tornò ad
emergere in superficie, ruotò lo scalpello verso il Kampong e si
precipitò a riva. Il terzo giorno del suo viaggio si uni in mare
con il marito Loemakina. Passarono la notte in un luogo oggi chiamato
Lewenoewela. Questo nome ha
origine nel modo seguente: In questo luogo in passato c'era un padre
e suo figlio, che tornavano a casa al loro Dusun, il loro villaggio
"Padre," disse il figlio "Verrò domani su
questa spiaggia perché oggi ci sarà il Banjir! L'inondazione!"
Ma il padre che non tollerava ritardi, rispose turbato: "Che,
Banjir! L'acqua è grande come la pozza di un bambino piccolo, non ci
sarà inondazione!" Così
l'uomo ha proceduto nell'acqua seguito dal figlio. Ma Loemakina
sentendo l'insulto che gli era stato fatto, si arrabbio cosi tanto da
uscire dal suo corso, sbattendo la testa contro una roccia, e
trascinandoli entrambe in un vortice. Al giorno d'oggi quando si
passa sul Sapalewa non si osa pronunciare il nome del Makina e
viceversa. Anche se tra le fonti di questi due fiumi esiste un
crinale, la maggior parte degli uomini di Ahiolo è dell'opinione che
questi hanno una comune origine. La Makina e Sakalewa sono cosi
considerati come l'antenato e l'antenata degli altri fiumi di Seram
occidentale e in particolare, la Mala e il Tala sono i loro figli e
Hoewè è chiamato la loro figlia. (De Vries 1927)
venerdì 2 settembre 2016
Cavalcando il Serpente d'acqua
Se uno parte per attraversare mezzo mondo alla ricerca dei più grandi fiumi sotterranei, non è che se poi capita che li trovi sta tanto li a pensarci... mi bagno o non mi bagno... Certo che quando mi ritrovo davanti alla versione underground del fiume Auk, con la prospettiva di doverlo attraversare in prima per tendere la tirolese, un paio di pensieri mi passano in testa. Va bene giocare con l'acqua ma questo fa almeno cinquanta metri cubi, l'abbiamo anche misurato per difetto... non sono mica tanto sicuro che si possa fare, ha un non so che di immorale... Si di fuori l'abbiamo già traversato diverse volte è forte ma si fa, certo che questa notte ha anche piovuto... l'acqua da trasparente smeraldo è diventata un bel cioccolato turbinoso.. e poi di fuori vedi dove vai, qui invece mica tanto. Ci tocca puntare tutte le luci ed il faretto per capire la sponda e la traiettoria ad arco che dovrei percorrere a nuoto. Assicurato a valle da Pacu, l'idea è semplice, si parte da monte, almeno trenta quaranta metri e quindi con nuotata decisa si punta l'altra sponda. Ovviamente la corrente fa il suo gioco, forse potrei guadagnare un metro ogni due verso valle... forse. L'importante e non finire troppo verso le grandi rapide che mi guardano in fondo a sinistra... li corda o non corda è un buon posto per affogare, e poi quelle sarebbero l'ultima cosa che vedo prima di essere sparato nel sifone che occhieggia altri cento metri più a valle. Pacu dice che visto che è abbastanza vicino all'esterno, forse se uno viene sparato abbastanza in fretta potrebbe avere buone possibilità di essere sputato vivo all'esterno. La cosa non mi convince. Proviamo un paio di lanci con l'arpione per creare una linea guida su cui scivolare a corrente... un tiro, due, tre.... tutti arrivano al massimo a due terzi del fiume... non c'è modo di far arrivare la nostra ancora sull'altra riva. Qui o si torna indietro o si prova a nuoto come gli antichi. Senza pensarci oltre, altrimenti cambio idea, risalgo a monte pronto per nuotare l'arco di fiume fino all'altra sponda. A parte Pacu che mi fa sicura gli altri si accorgono di tutto quando sono già in acqua... la corrente tira ma ci si nuota, più o meno, insomma capisco di riuscire a spostarmi verso la sponda. Le luci illuminano il punto di approdo teorico che devo raggiugere... intorno alla metà del fiume la corrente accelera, vedo le sponde correre rapide e con loro i miei vari punti di approdo. Spiaggia di Miami si scende, Copacabana eccola che passa, Rimini... ultima chiamata per Rimini. Tutti i posti comodi dove sbarcare sono ormai dietro di me, davanti restano un paio di scogliere in stile mar di Croazia, quindi partono i quaranta ruggenti in stile affogato di Patagonia in salsa di soia. Oltre c'è solo Cariddi, che già mi guarda con la coda dell'occhio. Probabilmente il fiume viaggia verso i due metri al secondo... quindi tutto questo dura una trentina di secondi al massimo. Trenta secondi per una lunga diagonale planante... poi all'improvviso punto una specie di piccolo golfo tra le scogliere, una rientranza appena prima delle rapide. Ci potrei arrivare, sopra sembrano esserci alcuni metri di arrampicata per uscire... ma a quello ci si pensa dopo, se c'arrivo. Prossima ed ultima fermata Golfo di buona speranza. Mancheranno sei sette metri, la corrente sembra rallentare un capo mi protegge leggermente, perdo meno metri verso valle. Adesso devo atterrare al volo, ovvero fermarmi prendendo al volo qualcosa di spigoloso e resistente. Arrivo in abbrivio, le mani davanti libere per prendere al volo la parete, sia resa sempre grazia all'attrito, un paio di buone prese e sono fermo a bordo parete. Immerso fino al collo, trascinato più o meno orizzontale dalla corrente, ma fermo. Mi sembra d'essere allunato. Prendo fiato, arrampico i pochi metri sopra di me e lancio un urlo liberatorio. Dall'altro lato è tutto un rispondere all'urlo e agitare di luci lontane. Fiume Auk ti possiamo esplorare!
Thomas percorre la prima tirolese all'andata sembra anche un bel gioco... |
Alcune ore dopo... dopo la seconda cascata alta oltre cinquanta metri che ci si attiva accanto tra rombi e venti furiosi cominciamo a pensare che sia il caso di uscire... L'acqua nel fiume largo oltre trenta metri sale a vista d'occhio e dalla galleria lontana continuano ad arrivare rumori e boati sinistri... oltre ad un gran vento...
Paolo alle prese con la corrente al ritorno... |
Attorno a noi l'acqua sale rapidamente, il fiume ha probabilmente superato i 100 metri cubi e anche la corrente è aumentata si velocità |
martedì 30 agosto 2016
Tiankeng di Papua
Si è chiusa oggi con la partenza di quasi tutta la squadra la spedizione Seram 2016. Alle esplorazioni hanno partecipato sei speleologi provenienti da mezza Italia: Thomas Pasquini, Katia Zampatti, Marc Faverjon, Ivan Vicenzi, Paolo Turrini e Andrea Benassi. La spedizione, diretta nell isola di Seram, nelle Molucche indonesne, aveva tre differenti obbiettvi: la ripetizione ed esplorazione della più profonda cavità dell Indonesia, la Goa Hatu Saka; la prosecuzione delle esplorazioni dei grandi trafori a west Seram; ed una survey in West Papua (Nuova Guinea) dove si voleva verîficare un importante obbiettivo nella remota valle del fiume Auk. Durante le quattro settimane d esplorazione i risultati non si sono fatti attendere. Nonostante i lunghissimi spostamenti con ogni mezzo e le complesse pratiche burocratiche necessarie ad ottenere i permessi necessari dalle autorità locali, abbiamo esplorato circa 4,7 km di nuove cavità. Ma il risultato più eclatante è probabilmente l inizio delle esplorazioni del sistema sotterraneo del fiume Auk. Un mostruoso serpente d acqua che sarà l obbiettivo unico e centrale della prossima spedizione. Un fiume sotterraneo dalla portata enorme e che allo stato attuale delle esplorazioni è il secondo al mondo per portata, mai esplorato.
Facendo nostre le parole che il famoso esploratore italiano Luigi Maria Albertis scrisse nel 1871:
"Giorno memorabile! Finalmente l ho calpestata questa terra misteriosa: finalmente saltando a terra stamane, potei esclamare: Alla Nuova Guinea ci siamo!"
e aggiungo... Ci ritorneremo presto!
La porta degli Dei la via che conduce al Wor'n Su |
sabato 27 agosto 2016
Sungai Auk: il fiume degli Dei
Il Wor n Su esiste o almeno quello che abbiamo trovato in questi giorni tra le foreste della Nuova Guinea ci somiglia molto. Difficile descrivere una massa d acqua di oltre 60 metri cubi al secondo che si sposta in ciclopiche gallerie, enormi archi di roccia e sotani ripieni di foresta. Difficile descrivere cosa vuol dire traversare a nuoto questo enorme fiume largo quasi trenta metri cercando di giocare con la sua corrente prima che questa ti trascini tra le rapide... Quasi impossibile raccontare cosa avviene all interno di questo vuoto durante un banjir, uno tsunami di fiume che ha moltiplicato forse per tre la massa d acqua nel giro di poche ore...
Una nuova storia è appena iniziata!
Prima tirolese sul grande fiume qui largo quasi trenta metri.
La galleria dell Wor n Su. Un luogo di una bellezza primordiale
Il fiume Auk all uscita dal suo enorme traforo non si fa mancare un ennesimo enorme arco di roccia largo oltre duecento metri |
sabato 23 aprile 2016
Wor n'su_The tunnel system
Per la mitologia dei Mejprat del lago Ajamaru, nel nord della Nuova Guinea, il mondo è complicato e pieno di piani e luoghi strani attraverso cui transitare. Oltre ad un mondo di sopra esiste un mondo di sotto, attraverso cui fluiscono energie ed entità, nonché ovviamente sede di fantasmi e spazio per la rinascita di animali e piante. Un mondo che però comunica con quella di sopra attraverso numerose aperture e grotte di cui il plateau di Ajamaru è pieno. Ma la manifestazione più importante di quest visione del reale si ha con la credenza nel Wor n'su, ovvero il regional tunnel system, un reticolo di spazi sotterranei che collega e unisce l'intera regione e attraverso cui i Dema e le altre entità viaggiano e si muovono. Il Wor 'nsu e le sue strade, denso tanto di elementi magici e rituali, quanto di richiami alla forza generativa e sessuale è rappresentato sotto forma di simboli negli Ikat, i tessuti, sulle case e anche sui corpi degli iniziati. Doppi diamanti, ruote da cui si dipartono raggi, reticoli di linee, tutti descrivono un mondo sotterraneo capace di collegare rocce grotte e acque. Storie e mitologia hanno radici complesse, ma in questo caso è difficile non vedere un legame forte con la natura stessa del territorio dei Mejprat, caratterizzato da un diffuso carsismo, ma anche da alcuni fenomeni grandiosi che non possono essere passati inosservati nel corso dei secoli. Il fiume Auk in particolare sembra incarnare l'immagine di una via grandiosa e metafisica per un altra dimensione. I suo enormi trafori sembrano proprio far pensare ad un sistema di tunnel capace di attraversare e unire i luoghi. Con i suoi circa 40 metri cubi al secondo di media il mondo sotterraneo creato e attraversato dell'Auk è probabilmente un mondo a parte difficile da immaginare. Un mondo che prossimamente tenteremo di raggiungere e percorrere. Il Wor n'su attende i suoi esploratori!
Working in progress...
lunedì 18 aprile 2016
Volando tra i gessi di Monte Mauro
Tra i cristalli del Parco della Vena dei Gessi, volando sopra diedri, cenge e pareti percorse da secoli di Storia verso la piccola grotta dei Banditi. Qui e nelle numerose miniere ai piedi della parete durante l'impero romano si estraeva il gesso secondario, la trasparente schiuma di luna che i latini chiamavano Lapis Specularis. Una ricchezza il cui sfruttamento attraverserà il tempo con alterne fortune almeno fino al XV° secolo.
venerdì 8 aprile 2016
Mubi Karst Bridge
In pochi probabilmente l'avranno mai sentito nominare, forse nessuno, eppure questo piccolo (in quanto a lunghezza) traforo sperduto nella highlands meridionali della Nuova Guinea è quanto resta della grotta percorsa dal fiume sotterraneo probabilmente più grande del pianeta, almeno tra quelle ancora esistenti nel quaternario. Con un bacino di circa 2850 km2 e una stima di oltre 110 metri cubi al secondo di media (probabilmente sottostimata) il ponte o arco del Mubi è attraversato da un fiume semplicemente mostruoso per gli standard ipogei. Con un ampiezza di circa 300 metri ed un portale che dalle immagini aeree si può misurare in oltre 80 metri, probabilmente questa grotta non nasconde più molto buio al suo interno, ma in quanto a spettacolo e rumore dev'essere oltre ogni immaginazione. Tempo addietro credevo fosse speleologicamente sconosciuto; mi sbagliavo. Mi era sfuggito un rapido ed efficace sopralluogo realizzato dal grande Gerald Favre nel 1983! Poche note a margine di una survey realizzata presso il vicino lago Kutubo e in alcune aree delle southern highland, ma anche alcune immagini fissate nel suo film Megadolines! D'altro canto il traforo è ben presente sulla cartografia di dettaglio (100,000) degli anni '70. Qui è ben segnato il punto dove il fiume scompare nel sottosuolo, ovviamente per riapparire poco più avanti, e anzi lo stesso arco-ponte è usato da una pista per traversare il fiume Mubi. L'intero corso prima del traforo segnato da una profonda gola, testimonia come in un passato lontano, questo mostro d'acqua e di pietra scorresse nell'oscurità prima di divorarsi da solo.
sabato 12 marzo 2016
Ritorno in Indonesia - Seram karst 2016
Ha preso forma un nuovo capitolo delle esplorazioni nell'isola di Seram. Dal 6 al 31 agosto saremo nuovamente tra le foreste delle Molucche tra pozzi e trafori, sempre accompagnati da enormi vuoti e tanta acqua spumeggiante! Prossimamente maggiori informazioni sugli obbiettivi. Intanto per organizzare un poco il materiale nasce una nuova pagina fb in progress... Atlas of Seram's Karst area
martedì 26 gennaio 2016
Seram_2016
Con l'anno nuovo il ritorno in Indonesia nell'isola di Seram ha preso forma e contenuto. Pronti quindi a riprendere l'esplorazione speleologica e non solo di Seram Barat, ovvero della parte occidentale di questa meravigliosa isola spersa nei mari delle Molucche. Isole non a caso narrate nei racconti di Simbad come Jazirat al Mulk ovvero La terra delle molte cose. Gli obiettivi non mancano e nel mese di agosto ci sarà ancora occasione di giocare con l'acqua dei loro fiumi e le foreste delle loro montagne. Sempre inseguendo le parole del leggendario marinaio arabo ovvero:
Questo fiume che qui si nasconde sotto terra, dovrà pure uscire da qualche parte. Costruirò una zattera e vi salirò abbandonandomi alla corrente dell'acqua."
venerdì 1 gennaio 2016
Call for Expedition: Seram 2016
Con l'arrivo del nuovo anno si comincia a pensare ai progetti per la prossima estate. Visti i buoni risultati l'isola di Seram con le sue foreste, grotte e montagne ci vedrà ancora. Il report della spedizione del 2015 è pronto. Chi si volesse fare un idea del posto e del tipo di giochi che andiamo a fare non ha più scuse. Chi fosse interessato eventualmente a partecipare può quindi iniziare l'anno con una simpatica lettura e poi magari contattarmi per parlarne.
Intanto Buon Anno e Buone Grotte a tutti!
Iscriviti a:
Post (Atom)